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Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo X.
tutto ciò che l’uomo può fare per mezzo delle sue forze naturali è insufficiente per meritarsela; ma munito di essa egli è in <Tadò non solo di meritarsi l’aumento della grazia giustificante, ma pure la corona dell’eterna gloria.
    Già questi accenni dimostrano, che anche l’efficacia di questii aiuto della grazia per un intelletto sottile racchiude in sè nuovi enigmi. Le manifestazioni di volontà che si sviluppano sotto la sua influenza, non possono per la loro natura esser operate che da Dio, altrimenti esse non sarebbero più sovrannaturali. Ma allo stesso tempo secondo tutta la loro intiera essenza devono esse provenire dal libero arbitrio, poiché si tratta appunto di attività della libertà. L’operosità di Dio e dell’uomo si devono dunque unire, quasi come si unisce nel ferro rovente il metallo con il fuoco. Ma in che modo questo avviene rimane sempre oscuro. A ciò si aggiunge la difficoltà di mettere in accordo i diritti della libertà con l’autorità suprema di Dio, la quale spicca più ancora nell’ordine soprannaturale che nell’ordine puramente naturale. Dio non può spogliarsi della sua suprema sovranità sopra la sua creatura; però se egli crea degli esseri liberi, sembra pure che egli rinunzi ad una parte dei suoi diritti in favore della sua creatura. Una terza difficoltà enorme è presentata dal mistero della scelta della grazia. Poiché la grazia non può venir meritata, l’inizio della vita soprannaturale come anche la distribuzione delle grazie ai singoli uomini non può partire che da Dio. Ora Iddio nel distribuire le sue grazie vuole sinceramente che tutti vi cooperino, e quindi giungano così all’eterna gloria. Ma egli prevede presso molti, che essi non raggiungeranno in realtà, mediante le grazie loro concesse, il loro fine eterno, benché essi lo possano. Perchè dunque non concede egli altre grazie? In ogni caso per ragioni della sua sapienza; chi può dire però o immaginare quali sono questi motivi ? Per le discussioni scientifiche intorno al vero punto della disputa si aggiunse ancora un’altra difficoltà, il tener conto delle opinioni dei Padri della Chiesa e degli scolastici. Si trattava anzitutto di Agostino, il maestro delle grazie, e di Tommaso d’Aquino. < osi l’uno come l’altro venne dichiarato per suo dai rappresentanti di ambedue le opinioni.
    Non è dunque da meravigliarsi, che sorgessero anche tra teologi cattolici delle differenze d’opinioni in una questione così difficile e che nessun’opinione potesse dissipare tutte le oscurità. Resta un mistero impenetrabile nel concetto di Molina, in quale mot o Iddio possa prevedere i liberi atti di volontà che non si realizzeranno mai. Però per questa scienza non esiste alcuna spiegazione sot disfacente. Non sembra che la scuola di Banes, al primo sguait o, presenti alcuna difficoltà intorno a questo punto; secondo essa aveva Iddio ab aeterno predestinato le libere decisioni delle su* creature, egli le conosce dunque ugualmente come conosce la sua.