Abiura di Navarra e sua assoluzione per parte dei vescovi francesi. 55 «curargli il successo finale e ridare alla Francia, così duramente provata, l’ordine e la pace.1 Il mattino del 25 luglio si riunì nella chiesa di Saint-Denis, veneranda per antichità ed ipogeo dei re di Francia, una splendida assemblea dii dignitari secolari ed ecclesiastici, tra questi il Borbone, cardinale ed arcivescovo di Rouen, l’arcivescovo di B<*urges, Eenaud de Beaune, e i vescovi di Nantes, Séez, Maille-zais, Cbartres, Le Mans, Bayeux e Evreux. Dinanzi all’altare maggiore s’inginocchiò Enrico e prestò il solenne giuramento « di voler Aivere e morire nella Chiesa cattolica, apostolica, romana, la vera Chiesa di Dio e maestra infallibile di verità, di abiurare tutte lo opinioni che sono in contrasto col suo santo insegnamento, e di prestare ubbedienza al papa, come l’avevan fatto i re, suoi antenati ».2 Allora "l’arcivescovo di Bourges lo assolvette dalla scomunica maggiore, otto anni prima lanciata da Sisto V contro di lui, con riserva della conferma della Santa Sede.3 Sega aveva protestato anticipatamente contro una tale assoluzione, e pure il Cardinal Borbone era stato di opinione, che una scomunica lanciata dal papa, non potesse esser tolta che dal papa, mentre i gallicani dichiaravano che l’assoluzione dall’eresia pubblica, appartiene alla giurisdizione dei vescovi. Ma la maggioranza dei vescovi, aderenti a Enrico, non osava andar tant’oltre; essi lo obbligarono di chiedere la conferma dell’assoluzione in Roma. Per giustificare il loro passo, addussero essi il costante pericolo di 1 Che nella conversione di Enrico IV siano stati in prima linea decisivi i motivi politici, lo affermano anche quegli scrittori cattolici della Francia, i quali ammettono in quella anche un serio cambiamento della convinzione religiosi), come De Me aux (Luttes relia. 261 s) e Y. de la Brière (La conversion de Henri IV nelle Études XCII [1902] 91 s., e La conversion de Henri IV. St. Déni* et Borne 1593-1595, Parigi 190."). Qui è oltremodo difficile d’approfondire la verità, se non impossibile, poiché si hanno troppo poche prove sicure, lo vorrei dare ragione a Bremond, il quale dice: « Le fond des croyances religieuses de Henri IV est encore et sera toujours un mystère ». Sotto questo riguardo osservava già un contemporaneo, il Gesuita Benedetto Palmio, in un parere composto per Clemente Vili, che l’intenzione interna di Enrico non era nota che a Dio solo (Ricci II 119). Se anche il re dopo la sua conversione si dimostrò esternamente cattolico, pure essa non esercitò alcuna influenza sulla sua vita privata, macchiata dal suo continuo commercio con le cortigiane, come sulla sua politica estera. Per tanto giudica Schott: «Un mutamento interno non ebbe affatto luogo nel leggiero Bóar-nese» (Zeitschr. f. Kirchengesch. V 110). A. Antin ( Véchec de la Réforme en France au 16e siècle, Parigi 1918) giunge al risultato seguente: Ce qu’on appelle sa conversion n’est donc ni un calcul grossier ni une décision d’ordre religieux. C’était un acte de sagesse et, pour reprendre le terme au sens où on l’a défini, un acte de haute politique (p. 194). 3 Intorno alla formula del giuramento vedi Stâhelin 610 n. 2. 3 Vedi il Procès verbal (signé des évêques) de ce qui s'est passé à St.-Denis presso Cimber-Danjon, Archives curieuses 1 serie XIII 343 s.; Y. de la Brière Études CI (1904) 75.