Il barone Ludovico von Pastor. xxv conservato immutabile attraverso i secoli, e su la base dei documenti ha indagato come i singoli papi insieme alle persone che li coadiuvavano abbiano adempiuto a questa missione divina. Ne è venuto di conseguenza che spesse volte la storia di un papa ha preso una luce tutta diversa, e che quelli stimati grandi per il passato, come Leone X, sono scesi nell’ombra, mentre i dimenticati d’allora sono saliti ai primi posti. Così mentre per Paolo III (1534-1549) (il più lungo pontificato del secolo xvi) noi abbiamo 30 pagine in Eeumont e 60 in Eanke, in Pastor abbiamo un poderoso volume di 765 pagine esclusi gli indici e i documenti: ed in Gregorio XIII (1572-1585), figura quasi dimenticata dagli storici, di fronte alle poche pagine di Eeumont e alle 24 pagine di Eanke, sta un volume di 856 pagine, dense^di notizie e meravigliose per l’opera restauratrice di papa Boncompagni. In seguito a ciò l’opera del Pastor è generalmente stimata un capolavoro di storia moderna e il Pastor stesso uno dei primi storici dell’età nostra. Gli avversari stessi, purché leali e sinceri, intesero il bisogno di esprimere questa lode di sincerità al Pastor. Lo storico protestante dott. Kalkoff, in una sua recensione sul volume IV del Pastor, notando la sincerità con cui lo storico aveva riprovato gli abusi vigenti ai tempi di Leone X, nonché il criterio con cui « pur restando fedele al suo punto di vista cattolico » aveva giudicato l’opera di Lutero, scriveva: « La tendenza di Pastor è semplicemente quella... di narrare il corso degli eventi secondo quello che dicon le fonti. Noi ci siamo decisamente avvicinati alla mèta, di far sorgere un terreno inviolabile della tradizione, di formare una zona neutra, che dev’essere riconosciuta da ambo le parti ». Sarebbe prezioso poter conoscere appieno il metodo con cui egli riusciva a dominare l’immensa falange di documenti da lui raccolti in minutissime schede di ogni formato e genere ; come egli sia riuscito a porli di fronte alla vasta letteratura, da quella antichissima sino a quella dei nostri giorni, e così plasmar tutto insieme, cavandone colori e tinte per la sua storia e critiche e giudizi per gli avvenimenti che narra. Quest’uso dei documenti e della letteratura, come fosse anche per lui laboriosissimo, risulta da quanto scrive egli stesso in prefazione al settimo volume. Spiegando come egli sia dovuto ricorrere da allora con più ampiezza agli atti inediti, scrive : «... sotto più di un aspetto il terreno che dovevo trattare somigliava a un campo incolto da smuoversi per la prima volta dal vomere, prima che se ne potesse cominciare la coltivazione. Mi son quindi assiduamente adoperato a cavar fuori, vagliare ed elaborare tutti i tesori archivistici raggiungibili. Insieme però dovevasi trar partito nella maggior possibile interezza della letteratura stampata straordinariamente dispersa ». L’opera che ne è ucita fuori è attraentissima e.bella. Dapprima egli preferì lo stile a mosaico di Janssen; poi cambiò man mano che più si impadronì del campo e quindi con un metodo semplice e chiaro, alle