Sforzi del papa per introdurre i decreti tridentini in Francia. 123 Allorché per la pace di Lione nell’anno 1601 la provincia di Gex, ove i Ginevrini avevano derubato e soppresso i cattolici, divenne cattolica, spuntò finalmente per i seguaci dell’antica Chiesa il giorno della liberazione. Lo stesso Francesco di Sales, il quale godeva presso Enrico IV grande considerazione, contribuì perchè venissero superati gli scrupoli di Villeroi, ministro degli affari esteri, e che i cattolici, là ove erano in numero sufficiente, potessero esercitare di nuovo il loro culto.1 Nella sua lettera del 6 novembre 1599, Enrico IV aveva fatto intravedere al papa la pubblicazione dei decreti di Trento. Questa assicurazione e più ancora la relazione del vescovo di Modena, Gaspare Silingardi,2 nominato nunzio a Parigi il 9 febbraio 1599, fecero un’impressione profonda su Clemente Vili. Egli credette giunta l’occasione di far pressione con rinnovata energia. Il 15 dicembre 1599 diresse a Villeroi, Bellièvre ed altri consiglieri di Enrico IV brevi pressanti, nei quali insieme al richiamo dei Gesuiti esiliati, chiedeva sopra tutto la pubblicazione dei decreti del concilio di Trento. Non esisteva alcun rimedio più efficace per l’incremento dell’abbattuta disciplina ecclesiastica e per la restaurazione della Chiesa cattolica, che accogliere ambedue queste richieste. L’operosità salutare dei Gesuiti era così evidente, che persino i nemici dell’Ordine affidavano loro l’educazione dei propri figli. Per quanto riguardava i decreti del Concilio, sarebbe un pretesto infondato il dire, che il potere civile a causa di essi subirebbe dei danni. Dove i decreti erano stati introdotti, non si era potuto constatare nulla di simile, e meno di tutti gli altri ne aveva da temere la Francia, dove i vescovi vengono nominati dal re. Al contrario l’attuazione dei decreti non solo promuoverebbe la riforma del clero ed il rifiorire della religione cattolica, ma pure la tranquillità del regno.3 Il 16 dicembre Clemente Vili si rivolse per quest’affare, con una lettera autografa, al re stesso.4 dicatoribus, qui populum doetrinam sanam et puram doceant et bonis moribus imbuant. Lo scritto venne consegnato con notizio marginali al papa, il 14 settembre 1604; fu deciso di scriverne ad Enrico IV. .LI. Arm. I-XVIII, 4020, p. 267 s., Archivio segreto pontificio. 1 Vedi Pérennés, François de Sales II 12 s., 40 s. Cfr. Benoît, Hist. de l’ICdit de Nantes I, Delft 1693, 359-371; Anquez, Hist. des assemblées polit, des réformés de France, Parigi 1859, 300-303; F au RE r, Henry IV et l’Édit de Nantes, Bordeaux 1903, 63. I. Nouaillac, il più recente biografo di Villeroi, dimostra quanto egli, così buon cattolico, fosse personalmente lontano dalla direzione severamente cattolica die si era resa dominante dopo il Concilio di Trento. Villeroy, Parigi 1909. 2 Vedi specialmente la lunga Relazione del 6 novembre 1599 presso Martin, Les négociations du nonce Silingardi, Parigi 1920, 46 s. Ibid. 27 s., l’istruzione per Silingardi. 3 Vedi Martin, ibid. 51 s. 4 Vedi ibid. 60 s.