Le mire cesaropapiste di Filippo II. 147 Come nella Spagna stessa,, così anclie nel Portogallo, in Milano e in Napoli, Tenne spesso lesa la libertà e la giurisdizione ecclesiastica.1 Usurpazioni di questo genere non erano certo fatte per guadagnare Clemente Vili ai desideri e alle pretese spagnuole nella questione dell’assoluzione di Enrico IV, come neppure la grave pressione che su quest’affare Filippo II esercitava in Roma. E (presto ingerirsi fu risentito tanto più aspramente, in quanto nella questione dell’assoluzione si trattava di un affare puramente ecclesiastico.2 Da una lettera dell’inviato fiorentino del 26 luglio 1595, si rileva quale umore regnasse in Roma. In essa viene riferito di violenti discussioni, alle quali eran venuti l’ambasciatore spagnuolo Sessa ed i cardinali. I cardinali Aragona e Cusani fecero osservare che con tutto il loro attaccamento a Filippo II essi sentivano l’obbligo in coscienza, in forza della loro dignità, di difendere i diritti della Sede Apostolica. Allorché Sessa giunse al punto di sostenere, di fronte al cardinale Cinzio Aldobrandini, che Filippo II nella questione di Enrico IV si lasciava guidare soltanto dal suo interessamento per la religione e per la Santa Sede, il cardinale gli rispose che questo interessamento consisteva solo nella sua mira di dominare la Francia. Sessa ribattè, che solo la porpora gli impediva di sfidare il cardinale a duello. Il cardinale Medici disse espressamente, che la questione dell’assoluzione non era di competenza del re, siccome non gli erano state conferite nè la stola nè le chiavi; in questa questione avrebbe il suo cappellano più autorità di Filippo II, poiché in pericolo di morte ogni prete ha la facoltà di assolvere.3 Anche Clemente Vili risentiva nel modo più doloroso le pretensioni degli Spagnuoli nella questione dell’assoluzione. Ma anche qui si rivelò la sua indole ponderata. Il papa ebbe sempre presente la comunanza degli interessi, sopra tutto nella questione della guerra turca. Perciò stette scrupolosamente attento di non venire ad una completa rottura con Filippo II. Egli evitò d’unirsi all’opposizione mtispagnuola, rappresentata in Italia 4 da Venezia e Toscana, ed allorché l’assoluzione d’Enrico IV non potè essere rimandata più a lungo, cercò fare questo passo, usando verso Filippo II ogni riguardo possibile. Solo non rinunziava ai diritti della Chiesa. Egli tenne incessantemente d’occhio i contrasti colla preponderanza spagnuola, che minacciava l’indipendenza e la libertà della Santa Sede. In questo la ragione era tanto più dal lato suo, quanto più 1 Cfr. Ardi. stor. ital. IX 439 s., 443; Catte Strozz. I 2, 213 s.; Ricci, 8ilingardì I 194 8.; Rinieri, Fine d’ima Monarchia xxi ss. Intorno a Milano tir. più sotto p. 150. 2 Vedi Paruta, Relazione 428. 3 Vedi Desjardins V, 237 s. 4 Vedi Herre 633 s.