540 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo X. zione del tribunale inquisitoriale portoghese, venisse indicato dai Domenicani come libro eretico. Anche in questo esposto fu ripetuta la lagnanza già prima mossa dai Gesuiti, che cioè il motivo per cui erano attaccati non era da cercarsi nel campo della dottrina. Che nel capitolo generale dei Francescani erano state difese le stesse tesi come nel loro Collegio, senza ehe i Domenicani ivi presenti si fossero levati contro.1 In una relazione intorno alla disputa del 5 marzo ed all’atteggiamento in essa tenuto da Ñuño questa lagnanza viene motivata ancora più dettagliata-mente. Ivi è detto, che anche al capitolo generale dei Benedettini erano state propugnate queste tesi in presenza dei Domenicani, senza destare scandalo. Che anche prima di Molina quella dottrina era stata insegnata da Mancio in Salamanca, in Alcalá da Giovanni Alonso, più tardi vescovo di León. Che la stessa dottrina era stata difesa in Alcalá da Deza, benché contestata da Bañes, che pure occupava una cattedra in quell’università, ma che non poteva far nulla contro il prestigio, che ivi godeva Deza.2 L’Inquisizione da principio avrebbe avuto l’intenzione di vietare del tutto la disputa annunziata; dietro il ricorso dei Domenicani essa chiese da questi, solo ciò che proponeva la supplica dei Gesuiti: che cioè non si chiamasse eretica la dottrina di Molina. Ñuño si limitò dunque a dichiarare nelle tesi che egli presentò per la disputa, alcune delle proposizioni da lui combattute esser « più che false » con ciò era evitata la parola eresia, ma sostanzialmente mantenuta l’accusa. Nella disputa stessa il gesuita Padilla ammise, che le proposizioni così enunciate erano errate, ma egli negò che esse fossero state insegnate da Molina. Questa concessione era già preziosa per Ñuño e per i suoi seguaci; allorquando Padilla volle loro provare dal libro di Molina, che questi insegnava il contrario di queste tesi, essi impedirono la sua lettura, facendo del chiasso e dopo la disputa sparsero la voce che Padilla aveva rievocato in san Gregorio ciò che egli aveva difeso nella disputa precedente nel collegio dei Gesuiti. Naturalmente i Gesuiti composero e spedirono 1 Supplica del 28 marzo 1594, presso Astràin 186. 3 Astràin 180. Secondo lo stesso Bañes (vedi Quétif—Échard, Il -4 ') il Domenicano Mancio (f 1576) godeva così alta stima in Salamanca « ut vel unus omnes opprimeret, tanta erat eius auctoritas ». I suoi scritti rimasero inediti (cfr. a questo riguardo F. Ehrle nel Kathólik, 1885, I 172-17 1). Intorno a Giovanni Alonso de Moscoso, vescovo di León, 1593-1603 cfr- fcu-1 THERius 173 s; Meter 208. Il Domenicano Diego de Deçà (t 1523> difatti « Molinista prima di Molina» (vedi Cr. Pesch nella Zeitschr. /■ 1 Theol., IX [1885] 171-177; Frins, 465 ss.); ma secondo Quétik-Échakd eia questo Deçà professore in Salamanca; di Alcalá non accennano nulla, i he intenda forse di un altro Deçà che sarebbe stato professore in Alcalá, mentii Bañes ivi insegnò teologia dal 1567 sino circa al 1572?