68 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo II. dalla Francia, potevano influire sul suo contegno, ma unicamente i doveri a lui imposti dalla sua dignità. Con particolare chiarezza si espresse Clemente Vili con Paruta {il quale disse: « Che cosa ha fatto il re di Navarca, per meritare la sua assoluzione ? Quali segni di vera penitenza, quale soddisfazione ha egli dato ? Cresciuto da eretico, due volte recidivo nell’eresia, egli ha distrutto gran numero di chiese in Francia, discacciato vescovi, fatto uccidere dei sacerdoti e regolari, introdotto il calvinismo in Francia, combattuto contro Enrico III ed i cattolici francesi. Basta per tutto questo, se ora per una volta fa il segno della croce ? Dapprima deve egli dimostrare la ferma ed evidente volontà di rimanere cattolico, e deve dare adeguata soddisfazione; allora solo si potrà parlare d’assoluzione e di riabilitazione alla successione al trono. Egli è padrone assoluto in Navarca; ha ivi tutelato i diritti dei cattolici? Come hanno espiato altri principi » - e così dicendo il papa additò la riconciliazione di Barbarossa, rappresentata nell’attigua Sala Regia. - « Se io », proseguì egli, « in contradizione alle leggi canoniche e alla tradizione, assolvessi Enrico qui per qui dalle censure, quale torto e quali rimproveri non mi attirerei nel caso che egli ricadesse nell’eresia ? Perciò Noi rimaniamo sulla via tracciata dalla legge e dalla tradizione. Noi non temiamo nulla; se dal Nostro contegno ne viene male, la colpa non è Nostra».1 La stessa risposta ebbe pure Nevers. « Solo il timore che la conversione di Enrico non sia sincera», così gli spiegò il papa, « ci trattiene dall’assolverlo e dal dargli con ciò l’occasione di perseguitare di nuovo i cattolici, quale re ».2 Avendo Nevers proposto di interrogare intorno all’abiura di Enrico il vescovo di Le Mans e due altri prelati, che vi avevano preso parte, ebbe in risposta, che questi, per il loro arbitrario contegno, si erano attirati la scomunica e dovevano prima giustificarsi innanzi all’inquisizione. I tre prelati francesi si rifiutarono di fare questo e parlarono apertamente un linguaggio minaccioso d’un concilio nazionale e dell’elezione d’un patriarca francese, ciò che non poteva che peggiorare la situazione di Nevers.3 Il duca fece il 5 dicembre un nuovo tentativo, di far cambiare parere al papa. Egli gli si gettò ai piedi e lo scongiurò colle lacrime agli occhi, che per riguardo alla salvezza di tante anime desse l’assoluzione al suo sovrano. « Noi non lo possiamo fare », soggiunse il papa, « poiché sarebbe contro la Nostra coscienza, e Noi ne siamo responsabili dinnanzi a Dio. Si dice bensì che Noi favoriamo gli Spa-gnuoli, ma il Signore conosce la verità. Egli sa che Ci trattiene solo 1 Vedi Paruta, Dispacci II 125 s. 2 Vedi L’Epixois 608. 3 Vedi Paruta II 123, 131.