XIV Il barone Ludovico von Pastor dell’arte, delle più diverse tendenze. Fu in Francoforte stessa che egli imparò ad apprezzare l’arte italiana per opera di Steinle, non ostante che Münzenberger, e più ancora Augusto Reichensperger, « uno degli uomini più versatili caratteristici ed interessanti » con il quale aveva più volte visitato i musei berlinesi, lo portassero ad apprezzare « l’arte gotica » come l’apice dell’arte cristiana, e la « straniera arte della Rinascenza » come un rifiorire dell’arte pagana. Ma per fortuna del Pastor, altri storici, illustri e più equanimi, come Francesco Saverio Kraus, che egli conobbe a Francoforte, e Federico Schneider, conosciuto a Magonza, esercitarono sul suo animo un giusto contrappeso, inducendolo ad un più equo apprezzamento dell’arte della Rinascenza. E così conobbe pure a mezzo del suo suocero, Leopoldo Kaufmann, un fine interprete dell’arte di Dürer, lo storico dell’arte Justi. In Basilea fu a contatto con Giacomo Burckhardt, uno dei più illustri conoscitori della Rinascenza, il cui ricordo egli rammenta con gioia nelle sue memorie. Circondato da uomini così distinti sia nel campo scientifico che artistico e religioso, Pastor si sentì sempre più confortato nel suo proposito di scrivere la storia dei papi non nella forma apologetica, ma secondo lo stile di Ranke, nella pura forma oggettiva, su la base dei documenti. « Lo storico cattolico, ha lasciato scritto Pastor in un suo diario, non deve voler essere un apologeta : è questo un pericolo in cui è facile incorrere nei nostri tempi così agitati. Naturalmente uno storico che mira ad una rigorosa oggettività non verrà apprezzato mentre egli vive come l’apologeta storico, l’uomo del momento. Ma più tardi le condizioni saranno invertite. Quello non muore con la sua vita, mentre questo, che è ancora compreso dai fratelli d’idea, per le generazioni future al contrario non è più altro che uno scrittore di libercoli. Lo storico deve assolutamente tenersi lungi da ogni passione politica. Un’opera storica cattolica deve assomigliare a quelle solenni cattedrali romaniche, che respingono tutte le affettazioni e tutte le leziosaggini, e che nella loro grandezza e perfezione non abbisognano di alcun velo ». E le prime lance spezzate dal futuro storico dei papi ebbero un carattere battagliero, non però nella forma apologetica, da lui sopra riprovata, ma in quella rigorosamente scientifica della critica. Va premesso che il Kulturlcampf, nel campo intellettuale, come già in quello politico, aveva per mèta di involgere nell’oblio tutto quello che la scienza cattolica potesse produrre di pregevole. Noi in Italia abbian veduto fare altrettanto per insinuazione della scimmiottante massoneria. In seguito a ciò, come fra noi, così là, gli scienziati cattolici eran costretti o a restare nell’oscurità o aprirsi il varco sacrificando le proprie idee. Uno di questi, Giorgio Waitz, seguì per un tempo questa via, e in una nuova edizione da lui curata delle Quellenkunde der deu-tschen Oescìiichte di Dahlmann, cercò escludere dalla propria consorteria gli storici cattolici. Contro tale partigianeria insorse fiero il Pastor con un suo articolo pubblicato nel Der Katholih, dal titolo Giorgio