Il progetto fu approvato ed eseguito e i concorsi pagati. T^itorna il pavimento. - L’arciprete che vuol pur fare il pavimento della chiesa, che limiterebbe ora al Presbiterio, domanda nuovo sussidio. Non è da meravigliarsi se sono chiesti sussidi da poveri parroci di campagna di buona volontà, ma è doloroso che sieno chiesti quando il bilancio è esaurito, come nell’ esercizio 1910-1 1. CHIESA S. ANTONIO A BARDJIS PRESSO LENTIAI. Nel settembre 1902 vi fu un sopralluogo dell’ Ufficio, con rapporto relativo agli affreschi che narrano la vita di S. Antonio abate che sono d’antico cinquecentista, d’interesse locale. Meritevole però un dipinto ad olio su tavola rappresentante S. Antonio e S. Andrea col nome di Gio. da Mei e la data 1511. CHIESA DI RONCHENA IN COMUNE DI LENTIAI. Il 15 marzo 1909, un telegramma del Ministero annunciava essergli riferito che la chiesa di Ronchena adorna di pitture minacciava rovina, e pregava d’ informarlo se la chiesa ha importanza artistica, e di fare al caso opportune proposte. Nel fatto la chiesa non minacciava rovina, ma si trattava solo di mutare il sistema di copertura, sostituendo le tegole alle lastre di pietra. La chiesa non ha del resto importanza architettonica. Ha tre affreschi nel Coro : S. Corona, S. Vittore e S. Cristoforo, d’ ignoti autori, senza ammiratori noti od ignoti. Parve che le voci corse non venissero d’amore dell’arte ma dal desiderio di far pagare, per amore dell’arte, le tegole allo Stato. CHIESA DI MEAN IN COMUNE DI S. GIUSTINA BELLUNESE. Vendita abusiva di parti d altare. — II Prefetto comunica il 7 aprile 1906, che dall’ ex preposto alla chiesa è stato presentato ricorso contro la Fabbriceria di Mean per vendita ad un antiquario di parti d un artistico altare, già della chiesa dei Servi in Vicenza, acquistati dalla Fabbriceria di Mean, che portò la mensa in chiesa, e lasciò fuori abbandonati in un magazzino le colonne e gli angeli che riposavano sui due lati del frontespizio triangolare. Gli angeli erano stati venduti prima delle colonne. L’Ufficio visitò le colonne presso l’antiquario. Le colonne avevano un capitello corintio elegantissimo tutto dorato. Non avrebbe dovuto esservi dubbio sulla illegalità della vendita per 1’ art. 4 della legge 12 giugno 1902 n. 185, allora vigente. L’ Ufficio però, reso diffidente per la giurisprudenza invalsa nei Tribunali, si sarebbe accontentato d’ un’ ammonizione severa e ammonitrice per tutti ; ma il Ministero ordinò che la contravvenzione fosse denunciata alla R. Procura. Il Tribunale assolse venditore e compratore, perchè le colonne non erano state catalogate, a sensi dell’art. 23, e si noti che pel Catalogo dell’art. 23, non fu nemmeno nominata la Commissione incaricata di farlo. Più sapientemente, la Corte di cassazione decideva in un altro caso che le Fabbricerie non possono vendere alcun oggetto artistico, od archeologico senza autorizzazione del Ministero del- 148 -