Il pilastro o contrafforte che venne costrutto fra le absidule e la sacristía anziché servire di rinforzo provocava rovina. Quando vennero poste a nudo le fondazioni trovossi una fogna in aderenza. Osservato come le fogne corrodano rapidamente la calce, fu provveduto riempiendo gli scavi a contatto delle murature a preferenza nei punti più importanti con sabbia cotta alla quale va aggiunta alla calce che di per se possiede, circa */2 quintale per metro cubo di calce idraulica. Questo impasto che assume una certa compattezza, agisce da filtro e preserva da ulteriori danni la muratura. Oltrecchè alla deficiente fondazione del contrafforte in questione, gli ammaloramenti delle vòlte della sacristía provenivano da mancanza di rinfianco nel lato verso I’ ospitale di S. Rocco. Venne quindi studiato uno sperone atto ad impedire ulteriori sfiancamenti. Per maggiore precauzione all’ atto costruttivo vennero collocati robusti tiranti metallici per riunire tutte le parti in razionale sistema. La grande apertura semicircolare che illuminava la sacristía dal lato del cortile della Trinità era apparsa fin da principio come un’ arditezza fuor di luogo, perchè, anziché distribuire il peso su tutto il muro sottostante, lo concentrava alle due estremità le quali avevano tutt’altro che bisogno di essere aggravate. Scrostato dall’ intonaco il muro, sotto la soglia di tale foro si rinvennero le traccie di tre finestre preesistenti (fig. 69). Dagli elementi trovati si è potuto dedurre con certezza che dovevano essere in tutto simili alle altre due finestre che esistono ai lati dell’arco trionfale. Fu eseguito il ripristino, giustificato più che tutto dal fatto della necessità di fare entrare in funzione statica anche il muro verso il cortile della Trinità. Dall’altare barocco di Francesco Penso detto Cabianca (fig. 70), entro il quale, dietro una cornice-reliquiario, si rinvenne pochi lustri fa quel prezioso lavoro del primo Rinascimento che custodiva la reliquia del Sangue di Cristo, si dovette togliere il baldacchino in legno e gli angeli dorati e svolazzanti che reggevano le lampade, opera riuscitissima del Brustolon, al quale si ascrive anche la cornice dianzi accennata. Apparve allora come nel collocare 1’ altare non siasi tenuto alcun conto del peso che sovrain-combeva (fig. 71). Sotto gli stucchi demoliti vennero trovate alcune traccie dell’antica decorazione della sacristia e sulla parete dell’ arco trionfale si rinvennero gli avanzi di una Annunciazione dipinta a fresco, dipinta verso la fine del secolo XV (fig. 65, 66). Oltre all’affresco policromo dell’arco furono trovati sufficienti elementi della decorazione a fresco bianco e nero che decorava le lunette e la fascia che passava sotto i peducci delle vòlte (fig. 67). Quanto rimase dell’ antico fu tutto mantenuto senza nulla fare, e quanto mancava fu rifatto, però di una tonalità tale, che il vecchio non avesse a riuscir stridente. Scaffali tornati a posto. - Non appena vennero tolti gli scaffali collocati attorno alle pareti della Sala Margherita, vennero osservate sul pavimento le traccie di altri scaffali preesistenti che il caso servì a ritrovare senza soverchia difficoltà. - 88 -