XXVI. Risposta. Che vuol ch’io le dica, pregiatissimo signor A. B.? Quest’uso c’è, e convien sopportarlo. E anche questa una specie di zelo, d'ardore di pubblico servigio, abborrimento d’ozio, conforto della solitudine. In qualche cosa quelle buone genti han pure da passare il tempo, e se non hanno di che adoperare la mani e le braccia ben duopo è che adoperino almeno il labbro e la voce. Ma ella non dubiti, è questo un uso e-stivo che se ne va con la buona stagione; e ver-ran presto i giorni in cui si chiudono le finestre e le bocche in piazzetta. Allora non più semate, non più sorbetti, non più quegl’ inviti fragorosi, e tra vetro e vetro apparirà invece il tacito annunzio, come di gran trovato^ dell’ Appio. Ogni stagione ha suoi usi cd è anche bene il rinfrescarne la memoria alle genti: se ne sono tanti perduti I Del rimanente, d’una cosa la prego: la non parli così liberamente di tutti i caffè in genere della Piazzetta. Finch’ella dicesse di certi tali, pazienza; ma non si mette Fonso in fascio cogli altri. V’ha chi se ne offende; Fonso v’ha rispettato per più d’ un titolo. S’immagini, ha due voi-