Giansenio pone Agostino al posto della Chiesa. 669 Sebbene autore di un’eresia, Giansenio è morto però in pace colla Chiesa e personalmente non è un eretico. In molti luoghi della sua opera egli si dichiara espressamente figlio obbediente della Chiesa Romana, di cui è stato seguace dalla giovinezza ed in cui vuol morire; quanto il papa prescrive, egli accetta, quel che il papa condanna, condanna anche lui.1 In fatto, Giansenio ha difeso in scritti polemici contro i Calvinisti il potere del papa e la sua infallibilità e fu pertanto assalito da questi.2 Certo, è lecito domandare, se nonostante questo anche Giansenio non si sarebbe comportato verso una decisione papale contraria alle sue opinioni con sotterfugi analoghi a quelli dei suoi maestri baianisti e più tardi dei suoi scolari. Nella sua opera egli tratta della condanna romana di Baio e cerca di sottrarvisi. Il grande Padre della Chiesa Agostino, egli pensa, non è mai stato condannato da Roma; perciò la condanna di Baio deve spiegarsi in modo, che lasci intatta la dottrina di Agostino. In tal modo Agostino, come l’intende Giansenio, è collocato al posto della cattedra ecclesiastica; Agostino è la norma, non le decisioni romane. Giansenio sapeva assai bene, che alla sua opera sarebbero state fatte difficoltà; egli si esprime a tal proposito con molta diffidenza verso Roma.3 Una 1 «Milii enim constitutum est, eandem quam ab infantia secutus sum, sensuum meorum ad extrenlum spiritum usque ducem sequi Eomanam eccle-s|am et beatissimi Petri in Romana sede successorem. . . . Quidquid ab ista Petri cathedra, in cuius commini ione a teneris vixi et porro vivere et mori fixum est, ab isto principis apostolorum successore, ab isto Christi D. N. vicario, ab isto Ecolesiae christianae universae capite, moderatore, Pontifi.ce l»raescriptum fuerit, hoc teneo, quidquid improbatum, improbo, damnatum 'lanino, anathematizatum anathematizo » (tom. II, lib. prooem. cap. 29, P- 26). Similmente neìl’Epilogus tom. Ili, p. 443. È perciò abbastanza indifferente, se la dichiarazione corrispondente nel cosidetto « Testamentum » al principio del 1° volume, dettato mezz’ora avanti la morte, sia interpolata 'così Vandenpeereboom, Cauchie e De Meyér, nell’ultimo p. 16 11.) o no 11 osi Callewaert e Nols p. 202-224). Un * manoscritto della Biblio-' e c a d e 11 ’ A n i m a a Roma (God. Preuck. C 43, p. 385-390) con--e4rva minuta di una lettera, con cui Giansenio voleva dedicare il suo Augustinus » al papa. Anche qui si dice nella chiusa: « Quidquid in hoc peiplexo disputationum labyrintho sensimus, diximus, scripsimus, ... ad ' anctitatis Tuae pedes afflerò, probans improbans, figens relìgens quidquid obandum ant improbandum vox apostolica mihi intonuerit ». I titoli di due scritti polemici contro di lui sono dati da Yves de la «ere nelle Recherches VI (1916) 271. ' “ De croire qu’il sera facile de faire passer mon ouvrage aux juges, cela ^eut dlffloilement tomber en mon esprit, quelques dispositions qu’il puisse * avoir de delà, sachant les extravagances qu’il y a et les oppositions des ” (lettera del 25 marzo 1635, in Rapin 358). A. Schill giudica: •« Gian-tri)l° 6ra *'roPP° dotto ed esperto, per disconoscere il contrasto della sua dot-seiir C°U proclamata dalla Santa Sede nella condanna di Baio; Gian- ge 0 era troppo imbevuto d’odio contro la scolastica in generale ed i teologi 1 m particolare, per non cercare ogni scappatoia; Giansenio, infine, era