L’inviato Fulvio Testi e il papa poeta. 907 e la lode della sua generosità risuona in Vaticano a sua gloria et erna. In che larga misura, la poesia costituisse un elemento di vita por il pontefice, affaccendato nei più importanti affari politici ed ecclesiastici, risulta dal fatto che egli non potè mai fare a meno (li questa amabile consolatrice, nonostante tutte le cure del suo governo. Egli trovò sempre un’ora da poterle dedicare.1 Un perspicuo ritratto del pontefice-poeta è disegnato da Fulvio Testi, inviato del duca di Modena, in una relazione del 23 agosto 1634. Sbrigati gli affari, si narra in essa, il papa si levò e domandò, passeggiando in su e in giù per la sua camera, all’inviato e poeta come andasse la sua Musa. Essendosi il Testi scusato di trascurare la poesia per i suoi molti affari, Urbano osservò: « Anche noi abbiamo affari, ma pure di quando in quando facciamo una poesia per ricrearci. Senta uno dei nostri ultimi poemi latini ». Il papa prese quindi un foglio dalla camera da letto contigua e lesse al Testi un’ode composta ad imitazione di Orazio. Il Testi potè tanto meglio esser largo di lodi, in quanto era persuaso che nella poesia latina pochi o nessuno eguagliassero il papa. Più tardi Urbano Vili gli mostrò ancora un’altra ode assai bella, e all’ultimo anche le sue più recenti poesie italiane.2 L’accorto inviato cercò talora di mettere a profitto l’interessamento del papa per la poesia nel disbrigo dei suoi affari.3 Le molte edizioni delle sue poesie, esaltate dai poeti di corte come un « libro d’oro »,* rallegrarono altissimamente Urbano Vili. Nella lettera di ringraziamento ai gesuiti Enrico Wangnereck e Lorenzo Forner, i quali curarono nel 1640 a Dillingen una edizione delle sue poesie latine, il papa rilevò quanto egli avesse biasimato sempre coloro, che ritenevano gli argomenti religiosi non adatti alla poesia ed abusavano di quest’arte elevata per illusioni inganne-' oli; perciò egli aveva tentato di adoperarla a promuovere ideali religiosi e morali.5 Pensieri simili Urbano Vili esprime in una 1 II 26 ottobre 1624 un * Avviso riferisce: « S. S“ invitata dalla solitudine della Villa ha composto a Mondragone alcuni epigrammi in lode delle delitie del Tusculano ». Urb. 1094, Biblioteca Vaticana. 2 Vedi Opere scelte del conte Fulvio Testi II, Modena 1817, 59. 3 Cfr. G. de Castro, F. Testi e le corti italiane, Milano 1875, 88 s. * Vedi L. Guidiccioni, Delibatio mellis Barberinae, Eomae 1639, 31. 5 * « Eorum opinionem plurimum semper improbavimus, qui censent res sacras minus idoneum esse carminis argumentum, nec parum doluimus, poesim Praestantissimam artem impuris blandimentis ac dedecorum maculis foedari ». Perciò « ex iis, quae ad curarum levamentum quandoque exaravimus, digno-sceretur, christianam religionem amplissimum patefacere cani punì ad scri-l'i'tidum poetis, illosque posse mortalium ingenia ad rectam humanae vitae ■Ustitutionem, ad morum innocentiam, ad veram gloriam, cum voluptate excitare » (Epist. XVII-XVIII n. 402, Archivio segreto pontificio). Orbano VIII ripete lo stesso pensiero in un * Breve diretto ad E. Wangnereck