I Gesuiti e la Sorbona. 521 con la dichiarazione equivoca del 16 marzo.1 Urbano Vili fu in realtà molto scontento del loro contegno, specialmente della promessa di assoggettarsi a quella censura che emanerebbe la Sorbona. Per mezzo del nunzio fece ammonire il generale dal non voler ricorrere, per scongiurare la tempesta, a mezzi che la Santa Sede non potrebbe approvare.2 I nemici mortali dei Gesuiti nella Sorbona, dalle nuove e larghe concessioni che costoro avevano fatto, si sentirono incoraggiati a nuovi attacchi, che questa volta riguardavano direttamente la Santa Sede.3 In questo secondo stadio dell’affare Santarelli compare di nuovo Richelieu. Come avversario della dottrina della potestà indiretta del papa, la condanna di essa a mezzo della Sorbona gli era benvenuta; siccome però andava troppo avanti, egli assunse di nuovo la parte di mediatore di pace. I dottori della Sorbona, contro la resistenza dei teologi di sentire ecclesiastico, e coi voti della maggioranza gallicana e dei « Riche-risti» avevano deliberato di proclamare la dottrina di Santarelli come nuova, falsa, erronea, che intaccava la suprema autorità dei re, dipendenti solo da Dio, e tale da impedire la conversione dei principi increduli.4 Spada ancora all’ultimo momento si era rivolto con una lettera direttamente a Richelieu, richiamando la sua attenzione sulla fretta con cui si procedeva in questa così delicata vertenza. Si voleva menare un colpo mortale contro i diritti della *anta ¡Sede in un tempo in cui il Cardinal Richelieu era provveditore della Sorbona. Spada ricordava al cardinale il coraggioso inter-'ento del Cardinal Du Perron per i diritti della Chiesa apostolica innanzi a tutti gli Stati, e lo scongiurava d’intervenire.5 Ma Riche-*'eu non era un Du Perron; egli non fece nulla. Il 4 aprile la "'Usura venne accolta dalla maggioranza della Sorbona nel tenore proposto,6 Allora Richelieu incaricò il padre Bérulle di esprimere nunzio Spada il suo rincrescimento di non aver potuto impedire censura. Indignato per questa doppiezza, Spada scrisse a Bérulle: * cardinale s’affretta a fare presso il re il buon Francese quando '■ tratta degli interessi di Roma e del papa, ma tralascia invece * '^mostrarsi buon cattolico, o lo fa con poca sincerità e solo apparenza. Ho molta opinione delle sue doti e della sua in- ‘ Vedi ivi 171-172. Cfr. il duro giudizio di Puyol (Richer II 280). , Vedi la * Lettera di Barberini a Spada del 21 aprile 1626, N unsiat. "i-"mia LXV 153 s. Trad. in Fouqueray IV 172. Cfr. anche il Breve a er'ule del 7 maggio 1626 in Iìoussaye, Bérulle et Richelieu II 147. t Fouqueray IV 173 s. , Cfr. Pityol II 291 s.; V. Martin in Rev. des sciences relig. VII (1927) -U&8S, ' edi la lettera di Spada a Richelieu del 1° aprile 1626 in Houssaye, ,4L€i Richelieu II 140 s. e Fouqueray IV 176 s. «di Puyol II 295. Cfr. Leman, Instructions 116, nota.