Il conflitto sui liti in Ciua: contrasti m Giappone. 781 dimenio riguardoso dei Gesuiti rispetto a Confucio ed alla venerazione degli antenati era condannato da essi come favoreggiamento dell'idolatria.1 Le contese inevitabili, cui contribuiva fortemente anche la rivalità reciproca, s’inasprirono altresì per il forte contrasto nazionale tra i Gesuiti portoghesi e gli Spagnuoli Domenicani e Francescani. Il risultato dell’attività dei religiosi appartenenti agli Ordini più antichi non parlava a favore del loro metodo: essi respingevano i Cinesi invece di guadagnarli. Nel Fukien la tempesta scoppiò nel 1637 con un furore tale, che anche la missione dei Gesuiti si trovò in pericolo. Il superiore della missione domenicana., Giovanni Garcia, riconobbe adesso non propriamente la liceità della venerazione degli antenati, ma almeno, tuttavia, che i suoi erano proceduti troppo aspramente, ed anche il francescano Francesco d’Ascalona comprese, che la conversione della Cina non era l’opera di un giorno e di un ardito colpo di mano, che anzi essa richiedeva una grande abilità ed una grande pazienza, e sopratutto una conoscenza precisa dell’indole specifica e della lingua del popolo. « Se i Gesuiti, giudica egli, avessero seguito un altro metodo di quello adoperato da tanti anni, in Cina non vi sarebbero più già da lungo tempo nè missionari, nè cristiani ».2 Forti contrasti fra gli antichi Ordini ed i Gesuiti esistevano anche in Giappone, cosa tanto peggiore, in quanto durava colà la persecuzione sanguinosa, che alla fine ridiede al Buddismo la sua antica posizione di religione di Stato.3 Tutti i missionari, però, si accordavano nella fermezza colla quale andavano alla morte per la loro fede. Essi davano in ciò prova di un eroismo che ricorda i primi secoli cristiani. Urbano Vili fortificò i cristiani giapponesi poco dopo la sua ascensione al trono colla sua risposta del 18 giugno 1624 alla lettera da loro diretta a Paolo V. Vi si dice: là, dove l’impero romano non era arrivato, la Chiesa ha Sviato messaggeri a fugare le tenebre; di ciò si cruccia l’inferno; ma essi non debbono scoraggiarsi, il loro martirio era una vittoria, e le navi, che oggi venivano a prendere pietre preziose, arrecherebbero un giorno veneratori dei loro martiri; perciò egli augura lfiro che, se non la felicità terrena, abbiano però la protezione 1 \ edi ivi 35 s. 2 Vedi ivi 39 s. 3 ('fr. l’opera composta dal giapponese Anesaki in base a ricerche archi- etiche e recensita da H. Heuveks nelle Stimmen der Zeit CIX (1925) 315 s. t° il titolo « Una svolta nella storiografia giapponese ». L’Anesaki tratta A 10 .caPÌtolo esaurientemente della politica di sterminio dalla repressione p i riv.olta di Shimabara (1638) in poi, rivolta a cui avevano partecipato, ,"r tirannia del Daimio anche molti contadini cristiani. Nel 5° capitolo engono recensiti gjj scrjtti, ritrovati dall’Anesaki, che furono sequestrati ai stlani> fra cui esortazioni e preparazioni commoventi al martirio.