638 Urbano Vili. 1623-1644. Capitolo VII. Il processo contro il Galilei sotto Urbano Vili ha un diverso valore dal primo sotto Paolo V; nel 1616 tutto si era aggirato intorno alla questione giuridica: se il nuovo sistema terrestre fosse conciliabile o no colla Sacra Scrittura; nel secondo processo, invece, si trattava della questione personale: se il Galilei avesse agito contrariamente al divieto generale contro la dottrina copernicana e al divieto speciale fatto a lui stesso; nel che, peraltro, il motivo per la rigorosità del procedimento è da ricercare nella preoccupazione, che la dottrina dell’infallibilità della Sacra Scrittura potesse venir compromessa; ma solo per lo scalpore suscitato appunto dalla punizione del primo scienziato d’Italia il divieto del 1616 viene conosciuto e posto in rilievo. Il rigore con cui nel .1633 venne trattato il Galilei ha qualche cosa di sorprendente. Il Copernico aveva pure potuto dedicare il suo libro a Paolo III. Urbano VIII aveva detto ancora nel 1624, che la dottrina copernicana non era eresia.1 Tanti teologi avevano affermato, che, se il nuovo sistema terrestre fosse provato si sarebbero dovuti spiegare in altro modo i passi apparentemente contrari della Sacra Scrittura.2 Lo stesso Commissario Generale, che diresse il procedimento contro il Galilei, Vincenzo Maculano, era di questa opinione. L’ammiratore qualche volta troppo zelante del Galilei, il benedettino Castelli, espose al Maculano nel 1633, che secondo S. Agostino non è scopo della Sacra Scrittura istruire gli uomini circa il movimento della terra, perchè simili cose non hanno che far nulla colla salvezza dell’anima; il Copernico aveva compiuto un lavoro erculeo, e la Chiesa stessa se n’era servita nella correzione del calendario. Egli perciò non aveva proprio nessuna difficoltà ad esser copernicano, ed anche ottimi teologi non gliene avevano fatto alcuna difficoltà. Il Maculano rispose che, per quanto lo riguardava, anch’egli era d’opinione che la q'u" stione copernicana non si potesse decidere coll’autorità dell;' Sacra Scrittura.3 Ma Urbano VIII, sebbene anche dopo la pubblicazione dell’opera del Galilei si sia detto suo amico,4 pure ora '• esprime assai sdegnato sopra il libro: il Galilei aveva osato entrai«' 1 Vedi sopra p. 628. 2 Vedi ivi. 3 « Il detto Padre mi rispose, che quanto a lui era del medesimo liaI^ che questa questione non si dovesse terminare con l’autorità delle Saci t tere » (il Castelli al Galilei il 2 ottobre 1632, in Favaro XIV 401 *•)• tegno del Maculano nel processo del Galilei cfr. St. Fermi nel Bolle Piacentino VI (1911) 218 ss. viVroli»' 4 « S. S1“ replicò . . . ch’ancora il S. Galileo era suo amico » (il • , ^at„ al Cioli il 18 settembre 1632, in Favaro XIV 392); « che il signor Galile° < suo amico, et hanno insieme trattato e magnato più volte domest^can e dispiacerli d’haverlo a disgustare, ma trattarsi d’interesse della fede religione ». (Il Niccolini al Cioli il 13 marzo 1633, ivi XV 68).