902 Urbano Vili. 1623-1644. Capitolo XII. Due edizioni delle poesie latine di Urbano Vili meritano attenzione speciale. L’edizione in-4° del 1631 in Eoma, curata dai Gesuiti del Collegio Romano, che si distingue per un apparato di grande eleganza. Vi collaborò nientemeno che il Bernini. Sono opera sua gli ornamenti incantevoli, in cui appaiono ripetutamente le api del Barberini, così pure il bel ritratto dell’autore e due altre illustrazioni, di cui una, David che vince il leone, mostra tutte le doti del maestro.1 ■ Uno splendore di arte tipografica è anche l’edizione parigina del 1642, opera della stamperia reale. Il frontespizio mostra due figure allegoriche, fra esse la tiara e l’arma di Urbano Vili, sulle quali due putti sostengono una corona di alloro. Non senza motivo, in una delle figure alla lira è aggiunta una croce, perchè Urbano Vili aveva una concezione del tutto religiosa della sua attività poetica.2 Al bel principio della raccolta si trova un caldo appello alla gioventù di non cantare il paganesimo, ma gl’ideali cristiani: « Perchè celebriamo Orfeo, che scende agli inferi, e non il Salvatore, che con il segno di vittoria della Croce ascende al Cielo .' Mi fosse dato, come agli antichi Padri, di propagare con le mie poesie utili pensieri. Sia mia guida Mosè, che condusse il suo popolo attraverso il Mar Rosso ». Con aspre parole viene flagellato l’avvilimento della poesia, che celebrava i falsi Dei, Venere e Giove, e si celebra invece sant’Elena, la quale distruggendo il culto della dea d’amore, piantò la croce. In versi ardenti s’invita la gioventù d’Italia a far risonare la lira di David.3 In conformità di questo invito il lettore sente in ogni poesia il soffio di uno spirito rigorosamente religioso, anche là, dove non si tratta direttamente della storia sacra. Non è felice per verità Urbano quando, com’è stato già detto,4 riveste gl’inni della Chiesa antica di un paludamento classico. Gli riescono assai meglio poesie Vedi L Arte XX (1917) 190 s. La Biblioteca Barberini possedeva due edizioni di questa pubblicazione di lusso, di cui una, destinata al papa stesso, in pergamena. 2 Ofr. Manucci in Atti della Società Ligure XLII 279; Travaglisi, I Popi cultori della poesia, Lanciano 1887, 64 s. 3 II papa attaccò anche indirettamente l’abuso allora invalso in Italia della poesia a scopi lascivi. Un’opera capitale del genere, l’Adone di Giovanni Battista Marini, fu fatta mettere da lui, insieme con altre poesie dello stesso, all’ìndice dei libri proibiti nel 1627 e 1628 (vedi Reusch II 162). Già d» cardinale egli aveva ritirato il favore prima mostrato all’autore. Un segua* e del Marini, Claudio Achillini, si compiacque particolarmente in esagerazioni ed artifici. Questo poeta, il quale disse della cupola di S. Pietro di Michelangelo, che questi aveva dato ali al marmo, augura in una poesia ad Urbano VIII* che ogni bombarda possa scagliare palle di olivo (!); egli loda il papa. c*ie « col pletro, e con lo scetro in mano diede termini al Merto, e metro al Regno » (vedi Baumgartner VI 452). Su Cl. Achillini cfr. Gabriei.i, Carteggio 197. 4 Cfr. sopra p. 606.