l7l La picca in resta, Cosacco, e sprona ; Il fren sull’erto collo abbandona Al corridore; ferisci e va. Urrà! Urràl I! canto tiene dal soggetto non so qual abito di marziale fierezza, uno stile concitato ben confacente al suono selvaggio che si ripetea ogni strofa, e intonava la rovina dell’oste più poderosa che il sole vedesse dopo quella che aveva raccolta Il temerario e folle ardir di Serse. Quella rovina a gran tratti e con caldi colori e in poche stanze dal poeta segnata : Urrà, Cosacco; la picca abbassa, Al fuggitivo le reni passa, Pesta il caduto senza pietà. Urrà ! Urrà ! L’ira nel sangue non venga manco; JPiù non rivegga l’italo e il Franco, Ver tua man spento, le sue città. Urrà! Urrà! Trafitti i forti per la tua mano Pianga Parigi, pianga Milano, Italia c Francia cadute già. Urrà! Urrà! Tra il riso e i balli farà il tuo nome Gelar il sangue, rizzar le chiome Di chi veduto linor non t’ha. Urrà! Urrà!