628 Urbano Vili. 1623-1644. Capitolo VI. lamento di Parigi, e presto respinta da Urbano Vili, nonostante tutti gli sforzi contrari di Richelieu, venne investita di questo affare l’assemblea del clero francese radunata nell’estate del 1635. L’assemblea, costituita in maggioranza da fautori di Richelieu, formulò il principio, che matrimoni conclusi da principi del sangue, senza il consenso e perfino contro il volere e la proibizione del re, erano illegali ed invalidi. Il duca di Orléans si sottomise in apparenza, ma tenne fermo al principio che solo il papa poteva risolvere la questione definitivamente.1 Ciò comprese anche Richelieu e perciò decise di esercitare a Roma la massima pressione. Egli mandò colà l’abile vescovo di Montpelier, Fenouillet, il quale godeva ¡¿ rande stima presso il papa per il suo zelo per la conversione degli ugonotti. Senonchè nemmeno costui raggiunse lo scopo. La risposta del papa fu, che egli non poteva sciogliere un matrimonio concluso secondo tutte le regole prescritte dal Concilio di Trento; le lepri speciali della Francia potevano certo aver delle conseguenze civili, ma il sacramento non ne veniva toccato.2 Ancora più forse dispiacque a Richelieu di non essere riuscito per le resistenze di Roma nel suo piano di concentrare in sua mano la direzione suprema di tutti i Benedettini della Francia. Il cardinale credeva di avere successo, perchè qui sapeva coprire le sue intenzioni ambiziose colla tendenza d’introdurre riforme ecclesiastiche, e assicurava di aver di mira solo il vantaggio della Chiesa e la gloria di Dio.3 Poiché nel 1629 era già divenuto abate generale dei Cluniacensi, egli tendeva ora ad avere sotto il suo predominio anche tutte le altre congregazioni benedettine della Francia. Perciò nel 1637 si fece postulare come abate commendatario di Cìteaux e generale dei Cistercensi. La stessa cosa tento presso i Premostratensi. Ma il papa che gli aveva accordata l’assunzione al generalato dei Cluniacensi, non volle concedere la stessa cosa riguardo ai due altri ordini. Una speciale congregazione a ciò costituita in Roma decise che una tale unione di generalati non poteva venire approvata, perchè ciò contrastava con le disposizioni canoniche, con le prescrizioni del Concilio Tridentino, e con una bolla di Eugenio IV, in base alla quale il generalato spettava soltanto a chi appartenesse all’ordine. Richelieu però non si curo del consenso della Santa Sede e assunse l’amministrazione de?1 affari ecclesiastici e civili di entrambi gli ordini.4 Ma in favori più presto che sia possibile. Epist. XII, Archivio segreto po ^ f i c i o . Qui nella stessa vertenza un * Breve assai serio a Luigi XIII in 4 dicembre 1634. 1 Vedi Fouqtjeray V 64 s.; Degert, loc. cit. 10 s., 13 s., 17 s. 2 Vedi Fouqtjeray V 66 s.; Degert, loc. cit. 30 s. 3 Vedi la lettera del febbraio 1639 nelle Lettres VI 290. , , scrive 4 Scotti nella sua *« Relatione della Nunziatura di Francia » cosi ‘ ‘ l’atteggiamento della Santa Sede nella questione dell’Ordine dei Cisti"-