Urbano Vili. 1623-1644. Capitolo V. Stato 1 presentò a Vienna il nunzio all’imperatore, al quale nello stesso tempo consegnò un 15 re ve redatto molto cautamente: il dolore del papa sulla pace col protestante principe elettore di Sassonia corrisponde al danno che questa pace porta alla religione cattolica, per cui la Santa Sede non può approvare l’accordo. In vista dei fatti compiuti, non più passibili di mutazione, al papa non rimaneva altro che deplorare la tristezza dei tempi.2 Questo moderato linguaggio dipendeva dalla circostanza che Urbano Vili lavorava ancora all’ultima ora per ottenere un armistizio,3 il che però trovava eguale resistenza a Vienna come a Parigi. Non fu certo colpa del papa se la guerra continuò. Noi non dobbiamo trascurar nulla di quello che possa promuovere la pace », scriveva Francesco Barberini al nunzio francese Bolognetti. Nello stesso tempo lo esortava alla prudenza: « Non dimentichi che il papa non è mediatore diretto; egli non può comandare, ma soltanto cooperare affinchè le parti in conflitto non si accaniscano; egli non deve destare in loro alcuna diffidenza ».4 Per far tutto quello che stava nelle sue forze, Urbano VIII, il 24 luglio 1635, fece di nuovo incaricare i nunzi di insistere per la nomina di plenipotenziari per il congresso della pace.5 Certo che l’iniziativa era senza speranze, perchè in nessun luogo si era disputi a trattare. A Vienna, dove gli stessi cappuccini Quiroga, Yale-riano e Basilio attizzavano il fuoco guerresco,6 non si voleva lasciare sfuggire i vantaggi derivanti dalla pace di Praga, tanto più che ad essa avevano aderito l’Assia-Darmstadt, il Brandem- 1 *« Risponde N. Sre a S. Mtu Ces. nella forma che V. S. vedrà nello accluso breve sopra la pace conchiusa con Sassonia, la quale da Sua S •' stata sentita con quella passione d’animo che si ricerca in quella parte che tocca il pregiudizio della religione cattolica, onde non può esser quella pace approvata da S. B"e nè da questa S. Sede, i cui ministri si sono sempre astenuti dal prestar consenso e dall’ingerirsi negli affari degli heretici e nelle condizioni, et in qualsivoglia trattato di simile pace . . . Ma perchè al fatto non > !'IU rimedio, V. S. porterà il concetto di N. Sro col supporre il dispiacere dell Imperatore istesso che non liabbia potuto fare più nell’esercitio della sua piet.i per servizio della religione cattolica, e con tal mezzo potrà discendere all altri particolarità indicative della disapprovazione, ma in modo die Cesare n"11 se n’offenda. Ma veramente dall’autorità di S. M., e massimamente trattai» 11 con suoi sudditi, si poteva aspettare più in servizio della Chiesa cattoli'--Ma perchè le cose sono fermate a questo segno, a noi altro non resta che dei11 rare di questi tempi». Il Cardinale Fr. Barberini a Baglioni il 28 luglio 1*>> in Nieoletti, loc. cit. 2 Vedi il * testo (Archivio segreto pontificio) in Appei'1 n. 28; ivi nr. 26-27, il primo abbozzo, in termini più energici. 3 Cfr. la * Lettera di Baglioni del 23 giugno 1635 in Nieoletti \ I < • BibliotecaVaticana. 4 Vedi Leman nella Bev. d'hist. ecclés. XIX (1923) 371. 6 * Lettera del segretario di Stato al nunzio in Nieoletti, loc. cit • 6 Cfr. le lagnanze di Baglioni nella * Relazione del 7 luglio 1635, ivi-