516 tìrbano Vili. 1623-1644. Capitolo VI. nere rapporti col clero.1 Essa aumentò ancora, quando il 18 settembre il parlamento, sotto la protezione di Eicbelieu, e a scanso di alto tradimento, proibì la pubblicazione di una costituzione papale, rivolta contro chi ledesse i diritti e i beni della Chiesa.5 Ripetutamente Richelieu tentò anche di estorcere per forza nomine di cardinali, e ripetutamente il papa respinse quest’intromissione nel governo della Chiesa universale;3 ma al cosmo-papismo nella Francia stessa il papa non riuscì a mettere un freno. Senza alcun riguardo si trattavano colà gli affari ecclesiastici alla stregua di quegli dello Stato con aperto dispregio della libertà e dell’autonomia della Chiesa. Per ragioni politiche o nazionali venne proibito ai generali degli Ordini di entrare in Francia, e monasteri vennero arbitrariamente trasferiti dalle frontiere nell’interno del paese.4 Gli appelli dai giudici ecclesiastici a quelli secolari (appel cornine d’abus), quest’invenzione prettamente gallicana, che Ei-clielieu nel suo testamento politico respingé come tante altre misure da lui praticate, presero sempre maggiori dimensioni.5 Intromissioni gravissime si permettevano i parlamenti, che spesso agivano come tanti concili, prendendo decisioni in questioni di fede. Essi si attribuivano il diritto di stabilire se una bolla pupille potesse essere permessa o meno, e protestavano in nome delle libertà gallicane, se un libro teologico veniva mandato a Roma per essere giudicato, sorvegliavano non solo l’impiego del patrimonio ecclesiastico, ma anche l’aministrazione dei sacramenti, annullavano i voti degli Ordini e s’ingerivano nella forma e nel tempo del servizio divino. La Chiesa, così dichiarò l’assemblea del clero nell’anno 1636 al re, se non ci si porrà rimedio, rimarrà presto senza autorità e giurisdizione. Sion era codesta un’esagerazione, perchè certi parlamenti dichiaravano tutto di loro competenza: prescrivevano chi fosse da assolvere dalla scomunica e facevano piantonare perfino gli alloggi dei religiosi, quando viaggiavano. Sopra tutto però sorvegliavano le prediche dei sacerdoti. Fino a qual punto arrivasse in tal riguardo anche Richelieu, risulta chiaro dalla circostanza che durante il conflitto con la regina madie minacciò la Bastiglia a tutti i preti che avessero parlato della 1 Vedi Lettres de Richelieu VI 650. Cfr. più sotto p. 526. 2 Vedi Avenel III 368. 3 Vedi sotto, Capitolo Vili. 4 Vedi gli esempi in Avenel III 370. Sulla posizione di Richelieu fronte al generale dei Domenicani Ridolfi vedi Mortier, Hist. des 11 néraux de l’Ordre des Frères Prêcheurs VI, Parigi 1913, 379 s. 6 Vedi Avenel III 374 s. Mommsen (87 s.) rileva a ragione che le «J1- mentazioni del testamento di Richelieu contro gli «Appels comme d a >u.r tendono più a riaffermare l’autorità della corona contro la potenza dei p* lamenti che a rafforzare la posizione degli organi ecclesiastici.