Invasione della Savoia; saccheggio di Mantova. 411 casi rimanessero sempre a disposizione dei negoziatori papali, lasciò indietro Panciroli e Mazzarino, mentre egli stesso partì per Bologna il 21 aprile.1 Da qui mandò a Boma un diffuso rapporto sui suoi infruttuosi negoziati, che Urbano Vili però non voleva venissero lasciati cadere.2 Khevenhüller, nei suoi annali di Ferdinando II, nota giustamente che tutto naufragò perchè Collalto sperava in nuovi successi guerreschi e ifevers nell’aiuto della Francia.3 Per Richelieu fu gran fortuna che i suoi avversari, Spinola, Collalto e il duca di Savoia non potessero mettersi d’accordo, e non aveva perciò da temere in un attacco contro le forti posizioni del suo esercito. Lasciò perciò il comando supremo ai marescialli Schomberg e La Force e il 2 maggio s’incamminò per la Francia, ove complicazioni interne esigevano assolutamente la sua presenza.4 Già il Io del mese, con molto dispiacere del papa che pensava sempre alla pace,5 Luigi XIII penetrò in Savoia alla testa di 14 mila uomini e la sottomise tutta, fatta eccezione della fortezza di Montme-lian. Nel luglio comparve un altro esercito francese che strappò a Carlo Emanuele anche Saluzzo. Del Nevers i Francesi non si prendevano ora più alcuna cura. Il ducato di Mantova aveva avuto molto da soffrire, mentre che la furia guerresca imperversava sulla Savoia. Nel corso dell'inverno era comparsa colà, come in tutta l’alta Italia, la peste, che al subentrare della stagione più calda si era diffusa rapida-niente.*' Quando alla fine di maggio le forze terrestri dei Veneziani subirono presso Villabuona da parte degli Imperiali una terribile sconfitta, il destino di Mantova era segnato. I Francesi pentivano soltanto a rafforzare la loro posizione in Savoia e vi rimanevano fermi. Il duca di ifevers sarebbe stato quindi compieta-niente autorizzato ad accordarsi con Collalto.7 Con ciò egli avrebbe risparmiato il terribile destino che ora si abbattè su la città ove risiedeva e che gli era rimasta così fedelmente attaccata, nonostante il lungo assedio e il disastro della fame e della peste. Nella notte 11 al 18 luglio 1630, gl’imperiali riuscirono a penetrare in Mantova. Seguirono ora per una delle più splendide capitali del Rinascimento tre giorni di terrore, di saccheggio e di rovine per opera Vedi Miaglia, loc. cit. 29. VII ' *' ** * Breve al card. Antonio Barberini dell’11 maggio 1630, Epist. ' "V chivio segreto pontificio. Khevenhüller XI 792. Qüazza II 73. . ' e(li Siri VII 79 s. Ang. Contakini, Relazione 293. Cfr. Lett. de Ri-«W»eu III 669, 977 s. ‘ Vedi Quazza II 82. \ edi Capriata 752 s., 754 s.; Zwiedineck-Südenhorst II 155 8., 166, Bühring 5 s.