936 Urbano Vili. 1623-1644. Capitolo XII. papa il Cardinal Maffeo Barberini; ma assai maggiore è la nostra, che il cavalier Bernini viva nel nostro pontificato.1 Il biografo del Bernini, il fiorentino Filippo Baldinucci, che riferisce questo saluto, racconta inoltre del desiderio di Urbano Vili che il giovane artista, dedicatosi finora solo alla scultura, si occupasse a fondo anche di architettura e pittura. Gli furono perciò dati «lue incarichi grandiosi: la sostituzione del semplice baldacchino eretto da Paolo V sull’altar maggiore di S. Pietro con una opera grande, monumentale, e la decorazione pittorica della Loggia della Benedizione nella stessa Basilica. Il Bernini rispose con gioia ai desideri del suo alto protettore e si dedicò con zelo infocato allo studio di questi campi rimasti fin allora a lui estranei.2 Della sua attività come pittore non è rimasto che poco,3 ed anche il grande incarico per la Loggia della Benedizione non venne effettuato. Molto più ricca è la sua produzione nei campi dell’architettura e della scultura. Quanto egli creò in essi, appare cosi importante, che senza di lui non è concepibile la splendida figura della Roma attuale. La prima creazione importante del Bernini fu destinata a S. Pietro. Anche Urbano Vili, alla pari dei suoi predecessori, dedicò fin dal principio un’attenzione costante all’adornamento del « miracolo architettonico più grande della terra ». Egli ebbe la fortuna di poter procedere alla consacrazione de « la più grandiosa ed eccelsa cattedrale di tutti i tempi ».4 a cui venti papi 1 Vedi Baldinucci ed. Riegl, 79. 2 Vedi ivi 80 s. 3 II Baldinucci, il quale (p. 235) parla di 150 dipinti del Bernini, non ne mette in rilievo che due: l’autoritratto del maestro (oggi agli Uffizi) e il quadro colossale « I fatti di S. Maurizio » per la Cappella del Sacramento in S. Pietro (oggi nella Galleria de’ Musaici del Vaticano, sostituito in S. Pietro da una copia; riproduzione in Fraschetti 232). Il Titi (11) attribuisce il quadro a Carlo Pellegrini. Questa attribuzione viene confermata dai conti del 1636, 1638,1639 e 1640, scoperti da 0. Pollak nell’Archivio della Fabbrica di S. Pietro; vedi Kumtchronik N. S. XXIII (1911-12) 597. Il Pollak ne conclude, che le attribuzioni di altri quadri, tentate specialmente dal Fraschetti, sono assai poco attendibili. Rimangono così per il giudizio dell’attività pittorica del Bernini solo i suoi disegni decorativi, sopratutto le sue illustrazioni per l’edizione delle poesie di Urbano Vili comparsa nel 1631 (vedi sopra p. 902), e un disegno commovente del vecchio maestro, inciso da Spierre, riprodotto da Fraschetti (420), autore che parla, con mancanza di comprensione, di un « misticismo morboso » dell’artista. In realtà la composizione è una confessione splendida della fede nella virtù espiatrice del sacrificio del Salvatore. Sopra un mare di sangue è sospeso il Redentore confitto in croce, sopra lui è Dio Padre, che stende le mani, ai lati angeli, a sinistra la beatissima Vergine, lo sguardo rivolto ¿'1 Figlio, dalle cui cinque ferite sgorgano fiumi del sangue redentore, nel quale, come dice l’inno « Crux fidelis » di Venanzio Fortunato cantato il Venerdì santo, « vengono lavati la terra, il mare, gli astri, il mondo ». * Cfr. Totti, Roma moderna 7.