80 Gregorio XV. 1621-1623. Capitolo lì. politica del governo veneziano, persuadendolo clie era il suo proprio interesse politico che consigliava il ristabilimento di buone relazioni fra Roma e Venezia; che il trascurare le prescri-zioni della Chieda non accresceva il prestigio della repubblica, nè giovarle il fatto d’essere in disagevoli rapporti sul terreno ecclesiastico col capo supremo della cattolicità e col sovrano dello Stato pontificio; essere anzi fatale che ciò le recasse nocumento anche sul terreno politico. Si credeva a Roma che argomenti del genere non mancherebbero di far impressione sui senatori più anziani, tanto più che allora si trovava sulla bilancia la questione della Valtellina, che toccava tanto da vicino la repubblica veneta. Quello che Gregorio XV temeva di più in Venezia era la propaganda protestante. Egli vedeva con molta preoccupazione che eretici e scismatici per riguardi commerciali continuassero a poter dimorare nella città lagunare, e il pericolo che ne derivava di uno scuotimento dell’unità della fede s’accresceva ancora per il fatto che Venezia teneva stabilmente i suoi ambasciatori in paesi totalmente o parzialmente protestanti, come l’Inghilterra, l’Olanda, la Germania e la Svizzera. In circostanze simili la sorveglianza statale che a Venezia limitava più che poteva l’attività dell’inquisizione, gli sembrava estremamente pericolosa. Gregorio XV aveva già espresse le sue preoccupazioni in riguardo di fronte ai quattro ambasciatori veneti di obbedienza, e in tale occasione s’era anche lagnato del perfido agire di quel Paolo Sarpi, che godeva presso la Signoria della più alta considerazione e che nel 1620 s’era smascherato come mortale nemico della Santa Sede, colla sua storia del Concilio di Trento fatta conoscere da un’indiscrezione di Marcantonio de Dominis. Gli ambasciatori opposero alle rimostranze del papa l’assicurazione che in Venezia la fede cattolica era al coperto da ogni pericolo e che i loro concittadini nutrivano sentimenti di sincero cat-tolicismo. Del Sarpi affermarono ch'egli viveva completamente isolato, senza godere presso il governo di considerazione alcuna.1 Gregorio XV comprese subito che per quanto riguardava il Sarpi, dalla Signoria non c’era nulla da sperare. Gli rimaneva almeno il conforto che quest’irreconciliabile nemico era oramai tanto avanzato in età da non poter continuare ancora a luogo le sue macchinazioni. Il nunzio ebbe quindi l’istruzione di badare che il Sarpi non lasciasse dei discepoli.2 Il miglior mezzo - così è detto nell’istruzione al Zacchia -per controbattere l’attività del Sarpi e la propaganda protestante 1 Vedi ibid. 22, n. 20; cfr. Barozzi-Berchet, IMia I 128. a Vedi Arali, stor. ital.. VII 1. 22. n. 20.