998 Urbano Vili. 1623-1644. Capitolo XII. di Mario: allora un sito quasi del tutto abbandonato, ove, salvo alcune piccole casette, si vedevano solo i resti del ninfeo, in cui si era abbarbicato un groviglio di piante.1 Se Roma già alla fine del Rinascimento superava tutte le altre città del mondo, non solo per le grandiose rovine antiche, ma anche per il numero delle sue chiese e palazzi adorni di mosaici, affreschi, quadri e sculture, questi tesori si erano poi accresciuti ancora considerevolmente durante il periodo della restaurazione cattolica. Una schiera di pittori e scultori gareggiavano nell’ador-nare con i prodotti della loro arte gli spazi grandiosi delle nuove chiese ed i palazzi degli alti dignitari ecclesiastici, dell’aristocrazia di sangue e di quella finanziaria. Fra gli scolari di Annibaie Caracci, il Domenichino dette uno sviluppo ulteriore importantissimo al grande affresco decorativo. Egli ed il suo rivale Guido Reni rappresentano lo stile idealistico del Seicento, il quale si diffuse in una gran parte d’Europa sotto la scorta della restaurazione cattolica, di cui proclamava i successi.2 Questi scolari dei Caracci erano ancora nella piena forza della loro creazione, allorché sotto il mecenatismo di Urbano Vili, e dei suoi nipoti Francesco ed Antonio Barberini, fiori una nuova generazione di artisti. Ne fu precursore il Lanfranco. Capi del movimento del Barocco maturo furono il pittore Pietro da Cortona e lo scultore-architetto Bernini, che gareggiarono fra loro in molteplicità e grandiosità d’idee.3 Il nuovo stile stampò la sua impronta nella città dei papi con più potenza di ogni altro precedente. Esso trasse tutto nel suo dominio. Molti edifici del Medio Evo e della Rinascenza vennero trasformati od almeno decorati all’interno in stile barocco. Vi si aggiunsero le molte nuove chiese, palazzi e le altre abitazioni, le fontane monumentali e le ville ombrose con artifìci di acqua e decorazioni di statue. Così Roma venne a presentare nell’insieme una fisionomia essenzialmente diversa da quella alla fine del Rinascimento. La trasformazione della città, ancora essenzialmente medioevale nel suo piano irregolare, e su cui il Rinascimento non aveva fatto che poca presa, in una grande città moderna era stata cominciata da Sisto V. Con le sue grandiose costruzioni di strade egli aveva tracciato le grandi linee; cogli obelischi aveva introdotto un ornamento del tutto nuovo e coireccellente provvista d'acqua aveva resi abitabili le contrade superiori (Monti), anzi ne aveva fatto im quartiere preferito.4 Adesso il Romano poteva tornar a visitare le sue dimore antiche e la città poteva estendersi. Pietre 1 Vedi ivi 216, 218, 219, 221, 223, 224, 225, 227. 2 Vedi Friedländer, N. Poussin 6. 3 Vedi Voss, Malerei 519. 1 Cfr. la presente opera, vol. X 436 ss. e Pastor, Sisto V. Vedi ancke Frey, Barockarchitektur 45.