Il palazzo Barberini sul colle Quirinale. 967 sua.1 Il palazzo segna un punto di svolta nell’architettura romana. Esso forma «una cosa di mezzo tra un palazzo cittadino e una villa suburbana ».2 Viene abbandonato lo schema quadrato e ci si avvicina alla pianta di ville come la Farnesina. Anche la parte posteriore è eseguita nello stile delle ville; i giardini sono sistemati, qui ed ai lati, su muri di sostegno e terrazze. La facciata principale, volta a sud-ovest, è a tre piani con grandi aperture ad arco rotondo fra i pilastri di sostegni, incorniciate a pianterreno da semicolonne doriche, mentre nel piano di mezzo fanno da finestre fra semicolonne ioniche. Gli archi rotondi e le finestre nel piano ultimo, fra pilastri corinzi, sono approfonditi prospetticamente. L’insieme è una delle costruzioni più grandiose del barocco, la quale fa un effetto altrettanto armonico quanto imponente. Ai lati sporgono poderose costruzioni d’ala.3 Al pianterreno del corpo principale dell’edificio si apre nel mezzo del grandioso duplice portico il vestibolo, con un passaggio a un secondo atrio verso il giardino posteriore, collocato in alto. Alle due estremità sono le scale; quella ovale di destra, imitazione della scala del Vignola a Oaprarola, porta fino alla Biblioteca collocata in cima, la grande scala di sinistra, quadrata, fa da scala principale 4 per il « piano nobile » il cui mezzo è formato da una sala di lusso, colossale, abbracciante due piani. Il soffitto fu decorato da Pietro da Cortona, nel nuovo stile « illusionistico » creante apparenze spaziali, con un affresco splendido, eseguito secondo il programma del poeta di corte Francesco Bracciolini,5 con opera di anni e cura scrupolosa.6 Urbano VIII tenne dietro a questo lavoro, iniziato nel 1633, col più grande interesse;7 allorché fu terminato alla fine del 1639, egli lo paragonò alle opere di Raffaello.8 1 Lo Hempel (15 s., 19s., 21 s., 27 8.) ha dimostrato che il Borromini eseguì solo parti secondarie (lo stemma di Urbano Vili sulla facciata principale, talune finestre del lato posteriore). Del resto la storia della costruzione del palazzo, come rileva il Frey (L'architettura barocca 22), è tuttora tanto poco chiarita, che non si può ancora distinguere con sicurezza la parte del Moderna e quella del Bernini. 2 Vedi Hempel 16; Golzio 27 s., 36, 49. 3 Vedi Baldinucci, ed. Riegl, 102 s.; Letarouilly, Édifices II 181 s.; Bkinckmann, Baukunst 90 s. * Vedi Golzio 42 s. Sulla configurazione delle scale beminiane vedi Rose, Spätbarock 189 s. 6 Vedi Tetius, Aedes Barb. 44 s. Cfr. sopra p. 911. 6 Vedi Posse, DecTcenfreslco 98 s. 102; 0. Pollar in Thieme VII 489; Pollak-Frey 327 s. 7 Vedi I. v. Sandrart, Teutsche Academie II2, Norimberga 1675, 200. 8 Vedi la relazione di Fr. Niccolini del dicembre 1639 Posse, loc. cit. h*2, n. 2. Cfr. Golzio 15 s.; Pollak-Frey 328.