316 che lacera senza più gli orecchi, e s’ oppone al buon gusto. Quel coronerà, a cagione di esempio, della sua aria è coronato da un grido trop po solenne e potente, quando tutto il restante è cantato di sì bel garbo e di sì buona maniera. Con lui finisce quanto ha di buono e lodevole nell’ opera : chi fa quanto può fa quanto deve, è proverbio antico, e con ciò il basso è in perfettissima regola. Delle scene non parleremo, se non per dire che due pittori non valsero a darcene nep-pur una sola, non dirò buona, ma nè meno mediocre. Che pensieri, che tinte ! L‘ attenzione del pubblico si fermò solo sul rinnovato ten-dino, lavoro di bellissimo effetto. Veniamo ora alla parte più lagrimevole del quadro. E’mi convien fare un cuore di ferro ; ma è mestieri alfin che si sappia. Il ballo non è piaciuto. Non già ch’egli abbia rinnovato la dplorosa storia di Amleto : quegli era un pazzo furioso ; quest’ Alessandro è invece persona tutta ragionata e composta; però così fredda e senza varietà, con sì scarso esercizio di gambe, che si potrebbe chiamar un ballo di braccia. Del rimanente si sa che l’immortale autore della . Vestale lo messe in iscena giusto così povero e nudo d’ azione per sostenere un suo punto, cioè che col solo soccorso della