i4o so alla riva ; ora una lettera ricapitata eoo le migliori intenzioni del mondo, eragli cagione di tal trattamento per parte di una terza persona indiscreta e bestiale, che in luogo di mancia gli era forza fuggire a non esser balzato dalla finestra ¡quando fu un dì mandato in campo a’JMori a chieder conto del signor Antonio Rioba e a prenderne la cassetta ; e non poche notti oragli anche avvenuto di vedersi a un trailo abbandonato da’ suoi avventori : certi sciagurati che dopo essersi fatti gravemente condurre col lume dal-l'un capo all'altro di Venezia, prendevan d’improvviso la fuga, e lo lasciavano solo e sbalordito a ricondurre in piazza la sua lanterna. Ta- li o simiglianti erano le sue disgrazie, le passività, la imposta prediale, coni’ ei le chiamava, della sua vita, giacché è sempre vero che Infili eh’ uno ha denti in bocca £’ non sa quel che gli tocca. XXVII. Di ALCUKE PICCOLE DISGRAZIE. Confice ; namque instai Jatum mihi triste. Io non so se agli altri intervenga quello che n me accade sì spesso : che non m’entra un’ idea