SALE 7-14. Bianchi nel decorare la villa di Lonigo si dette a tiepoleggiare con agile grazia, e 1’ accento nervoso delle figure nei suoi quadretti di ge. nere può paragonarsi a quello del Pannini nelle cento figurette delle sue scene di corte e di chiesa, di Napoli e di Roma ; e nelle perlacee vedute della Laguna dipinte da Guglielmo Ciardi si può scorgere ri. flessa la malinconia di Francesco Guardi. Così questa Mostra è fatta sopra tutto di dipinti della seconda metà dell’800, quando la pittura nostra aveva pur titubando ritrovato la sua via e i suoi antenati. Basta volgere 1* occhio attorno sulle pareti di queste sale per ve. dere che le più fresche novità e le più ammirate resurrezioni si videro allora nella pittura di paesaggio « nella schiera dei Macchiaioli toscani, Fattori, Signorini, Lega, Abbati, Borrani, Sernesi, formatasi tra il ’55 e il ’60, e rimasta compatta per quasi vent’ anni, fedele al suo dogma che il vero risulta solo da macchie definite di colore più chiare o più scure, ciascuna con un valore proprio, e alla sua pratica che è, diresti, di sillabare nettamente le parole, di non abbandonarsi mai allo sfumato e all’ impasto ma di procedere per toppe e incastri, pratica che, specie nel grande Fattori, s’ andò a riconnettere coi paesaggi dipinti dall’ Angelico e da Piero sul fondo dei loro quadri; nel gruppo piemontese, anche per la sua postura geografica più francamente connesso ai paesisti romantici di Francia, come si vede nel solenne Fontanesi che esalò il suo patetico lirismo in vedute solitarie di boschi e prati e acque sotto cieli infiniti; nel gruppo lombardo, Carcano, Gola, Gignous (e vi si può ammettere il trentino Bezzi) che trattò il paese con la pennellata vibrante di Ranzoni e di Cremona e cercò con tanto fervore d’avvolgerlo nell’aria lucente che da quel gruppo uscì il così detto Divisio-nismo, con Morbelli e Segantini e Pellizza e lo stesso Previati. Ma nella tecnica energica e volontaria, nella tessitura uguale e scoperta dei chiari dipinti, nell’astrusa invenzione delle allegorie, Giovanni Segantini sempre ti mostra d’essere nato al confine d’Italia, là dove soffia il vento gelato dell’ astrazione alemanna. E Gaetano Previati, con fantasia di poeta trasformando più e più dietro al velo dei suoi colori puri il vero in simbolo, e il reale in visione, ti ricorda d’ essere nato a Ferrara, nella patria dell’ Ariosto e del Dosso. Tempi lontani. La stupenda fioritura del paesaggio italiano negli ultimi trent’ anni dell’ 800 s’ è avvizzita sotto i gravi nembi delle nuove scuole e delle nuove teorie; la necessità di riportare a solidi volumi dentro ferrei schemi la pittura che 1’ ultimo Impressionismo aveva ridotta a un pulviscolo iridiscente, ha quasi soffocato il largo respiro dei pittori che Romanticismo e Verismo avevano liberati dal cerimo-niale delle Accademie. Ma l’arte del paesaggio, tornando ad immer-gere la figura umana nella luce, tornando a considerarla sotto la vastità dei cieli simile agli alberi e alle rupi e alle acque nella gioia dei meriggi 30