SÄLE 3-6. In uno dei massimi teatri nostri si vantano gli Oh? e gli Ahi della sconfinata soddisfazione per una nevicata degna di quella che frattanto imbianca fuori la piazza e le automobili degli spettatori; i direttori delle grandi imprese teatrali si affannano - taluno afferma che si esaurì« scono - a scritturare ingegnosi meccanici e sovvenzionare ingegnosi meccanismi per trovate di terra, di mare e d’aria più realistiche le une delle altre. Lontani sono i tempi che uno Shakespeare poteva intrecciare sue ghirlande e carole di verità umana e fiabesca sopra quattro assi nude, quando a mettere in moto la imaginazione degli spettatori bastavano poche schematiche indicazioni di pittura completate dal cartellino j bosco • sala del castello » spiaggia « terrazza. E al resto dell’evocazione magica pensava con la sua creatrice parola il poeta. Lontani anche i tempi di un Goldoni, un Cimarosa, un Rossini. Oramai il gran problema è la parrucca di Rosaura e l’evidenza del terrazzino da cui deve cadere il ventaglio, non la girandola festosa multanime e varia di vicende e caratteri che si annoda e si snoda intorno alla parrucca e al ventaglio. E come si fa a comporre un’ aria sulla « scala del balcone > quando si è soverchiati dalla preoccupazione di far vedere i pioli della scala e quando la stilizzazione del temporale nell’orchestra è un nulla al paragone dei ben simulati lampi che si scorgono dall’ apertura della ben simulata finestra ? Gordon Craig, inglese, forse primo meditò questi interrogativi con spregiudicata libertà di fronte alla invadenza meccanica, chiamata « prò» gresso della scenografia ». Nei suoi libri fu primo a risolvere la dissonanza di stile fra le verità del teatro e le realtà della messa in scena. Primo chiese che attore, attrezzista, disegnatore di scene compo» nessero in perfetta armonia un quadro unico, subordinato alla volontà dell’autore e più ancora alle leggi immutabili del teatro. Ogni arte ha le sue limitazioni, rispettando le quali soltanto essa può aspirare alla grandezza. La complessa arte del teatro partecipa della natura delle arti applicate ; perciò più severe limitazioni le impongono un più duttile e ri« spettoso gioco di applicazioni pratiche. Non sono tutte arbitrarie, le convenzioni che regolano l’artificio della vita a tre sole pareti. Come il gesto dell’ attore, anche l’opera del decoratore, deve espri* mere visibilmente le suggestioni di verità non realistica, anzi artistica e sintetica, di ogni tragedia, commedia, o melodramma lirico, in equi» librio tra simbolo e realtà. ai