SALE 3-6. I balletti russi di Djaghileff, per merito del prestigioso Léon Bakst e poi di altri valorosi artisti russi, italiani, spagnoli e francesi, non ultimi i nostri futuristi, Balla, Depero, Prampolini ed altri, svolsero sulla scena alcune fra le idee di Gordon Craig, in maniera sintomatica, anche per la diversità che separa il mondo occidentale, specialmente anglo-sassone, da quello russo, semi*orientale. Mentre Gordon Craig vedeva nella « grande, profonda e miste* riosa » arte dell’ attore, secondo dice Baudelaire, un gioco di attitudini e di espressioni, 1* individualismo anarchico dei russi, grazie alla danza, emancipava l’arabesco mimico da qualsiasi subordinazione alla definita esattezza della parola. In Italia e in Francia, il ballo formava parte dello spettacolo, con* forme alle origini sacre del teatro — la messa, il mistero, il rito orfico o dionisiaco — con equilibrio classico, sia che fosse incorporato nel melodramma o nella commedia, o da essi distaccato come gioioso razzo finale. Ma i russi, che ne appresero da noi italiani la tradizione, ne fecero spettacolo unico e autonomo. Suono, cadenza, colore, questi elementi indeterminati divennero unica fonte di inspirazione. Come la danza russa nella sua folle grazia, anche la scenografia di Bakst e Djaghileff assunse le forme stranamente fluide, proprie all’arte e in particolar modo alla musica russa, specialmente 'quella liturgica, con il suo carattere di cànone. Voci nuove irrompono ad ogni Istante nel coro quasi per irresistibile impulso proprio. Nulla del quadrato ritmo occidentale e neppure della fisa ieraticità d’oriente ; il fascino sconcer* tante e labile di una apparente improvvisazione anche nei più difficili movimenti d’insieme s alcunché di subito e di spontaneo, del quale si ha la magica illusione che mai fu udito o veduto prima e mai per l’avvenire potrà ripetersi identico. Noi viviamo solo grazie al colore — la nostra esistenza stessa non è che un riflesso della luce, uno scherzo del colore, diceva un grande artista nostro testé scomparso, Medardo Rosso. Questa asserzione dell’estremo impressionismo diviene verità dog* matica e letterale nel teatro di Bakst e dei suoi seguaci, sopratutto di Germania. Persino il sipario — il vecchio, onorato sipario, che tanti servigi ha reso a commediografi e drammaturgi in difficili situazioni — è scomparso, sostituito da un velo più subitaneo ed efficace di tenebre. Ridotta la immobile forma a uno schema elementare, il teatro diviene tutto dinamismo colorato trasmutante col trasmutar delle luci, senza farraginoso apparato di messa in scena, per incanto di bacchetta magica. Tale trasformazione in gran parte fu dovuta alla propaganda teorica e pratica di un geniale precursore, Adolfo Appia. Alla sua memoria inviamo un commosso saluto, dolenti che la malattia, la quale poi lo condusse al sepolcro, sin da un anno fa gli impedisse di accettare l’invito rivoltogli dalla Esposizione di Venezia. 22