SALE 7*14. ugualmente ammirevoli e ammirati e la bellezza da loro creata ci con» solerà lo stesso con un miracolo che si rinnova in eterno. Si aggiunga che quando una civiltà come la nostra ha venti o ven» ticinque secoli di vita e ha fatto luce sul mondo, si ritrova anche alle più fresche mode straniere una schietta origine italiana. Quanto dei cinquecenteschi veneziani è in Delacroix e anche in Manet? Quanto della pittura disegnativa quattrocentesca e fiorentina è in Degas? Chi se lo chiedeva prima che, morto lui, se ne scoprissero i disegni fatti in giovinezza nelle gallerie fiorentine? Si potrebbero allineare centinaia di questi interrogativi per la pittura, per la scultura, per 1* architettura, e non si finirebbe mai, tanti sono gli echi che nelle civiltà mature accompagnano e moltiplicano il sorgere d’una voce nuova. Più alto e possente è 1* albero, più larghe e intricate sono le sue radici s vecchia immagine. Quel che distingue anche nell’ arte i grandi dai piccoli, i creatori dagl’imitatori, è che i veri creatori possono ai primi passi prendere per originale e inaudito un modello straniero, ma presto, man mano che 1’ opera loro s’affonda nella coscienza, essi sceverano d’istinto ciò che è straniero da ciò che in quella moda è patrio e nativo, e rivelano sè stessi col linguaggio stesso dei loro padri. Purtroppo questo non accadde ai nostri pittori neoclassici, dal» 1’Appiani al Camuccini, dall’Agricola al Landi, dal Benvenuti al Sa» batelli. « I lavori più nobili di coloro che operarono in questa classica terra», come si diceva allora, sentono tutti del Mengs e del David e, nella teoria, del Winkelmann e del Lessing. Così, venti o trent’anni dopo, gli sdolcinati Puristi tra il Minardi e il Mussini che furono in pittura quel che Basilio Puoti fu nelle lettere, non sapranno uscire dal giogo dei Nazareni tedeschi. — Queste grandi tele non insegnano niente di nuovo e non lasciano alcun ricordo ; sono corrette, decenti e fredde, — diceva nel 1828 Stendhal uscendo dallo studio del Camuccini a Roma dove anche la pittura più togata era un’ Arcadia con licenza dei supe» riori. Per queste ragioni non abbiamo di costoro portato qui che ri» tratti. Erano maestri usciti da buona scuola e ritrovando davanti al vivo fermezza e sincerità, riuscivano a dire chiaramente quel che vo» levano dire. Per fortuna nell’ architettura e nella scultura di quell’ epoca gelida, sia perchè nelle strade e nei musei erano davanti agli occhi di tutti i tanti e gloriosi esempi antichi che i pittori non avevano, sia perchè i pittori si tingono di letteratura più facilmente degli architetti e degli scultori costretti da ima più dura tecnica a badare soltanto al loro mestiere, sia perchè nelle altre due arti non sorsero oltralpe capi come quelli che s* assicurarono l’egemonia della pittura, noi riuscimmo a maggiore libertà. Ma non è qui il luogo per parlarne e faccio que» st’ accenno solo pel conforto dei lettori. Il Benvenuti muore nel ’44, il Camuccini e il Sabatelli nel ’50, il Biscarra che dal ’21 era stato da Carlo Felice chiamato a dirigere l’Ac» 28