84 Paolo V. 1605-1621. Capitolo III. cato il peso dei debiti crebbe ancora: secondo un dato dello stesso Paolo Y esso raggiungeva nell’autunno del 1619 l’altezza di 18 milioni.1 Poiché le entrate fìsse annuali ammontavano, secondo gli appunti del maggiordomo Costaguti, a 1.375.000 scudi, era possibile cavarsela solo mediante le malsicure entrate variabili, che il detto perito calcola a 435.000 scudi.2 Anche l’ambasciatore veneto Mocenigo dice che queste entrate variabili erano grandi. Egli rileva che i papi avevano anche la possibilità di raccogliere somme cospicue di danaro non solo nello Stato pontificio, ma anche in altri paesi mediante decime e sussidi.3 Il Costaguti assicura, del resto, che Paolo Y verso la fine del suo governo pensava seriamente a ristabilire una economia statale ordinata e a diminuire il peso dei debiti, e che solo la morte l’avrebbe impedito di effettuarne l’impresa.4 del luogo in cui la trovò. Io ho cercato inutilmente questo manoscritto negli archivi e collezioni di manoscritti di Roma; forse esso apparteneva alla biblioteca Albani, andata dispersa nel 1857; v. PaStor, Le biblioteche private di Roma, Roma 1906, 5. Sopra Paolo Y e i Monti v. Moroni XL 155 s. 1 « Noi habbiamo diciotto milioni di scuti di debiti et noi pagiamo l’interesse di quelli debiti fecero i nostri antecessori; l’elemosina ordinaria passa cento et venti mille scuti l’anno, il sostenere li confini, la corte (le spese della quale habbiamo molto ritirato) consume il resto della nostra entrata, di alcuni di nostri vicini habbiamo cause di sospettare »; disse Paolo V stesso all’inviato di Ferdinando II, Max von Trautmansdorf; v. la sua * relazione, in data Roma 1619 ottobre 24, Archivio di Stato in Vienna. 2 Y. gli * appunti del Costaguti (cfr. Appendice nn. 22-25), Archivio Costaguti in Roma. 3 Mocenigo, Relazione 101. 4 * Appunti del Costaguti, c. 1, loc. cit.