Paolo V si attiene con fermezza alla sua neutralità. 299 sul campo ecclesiastico.1 Pertanto non sembrava escluso che venisse prestato orecchio alle istigazioni francesi. L’ambasciatore spagnuolo Castro lo temeva tanto da consigliare al suo re di tenere il pontefice in scacco, angustiandolo coll’awiare una intesa con i Grandi romani.2 Per quanto, tuttavia, Brèves si desse da fare per trarre il circospetto pontefice dalla sua neutralità, per questa parte egli non ebbe successo. Anche se il cardinale Borghese poteva prestare orecchio temporaneamente alle insinuazioni francesi, egli non possedeva influenza sufficiente per effettuare qualche cosa di decisivo. Paolo V dirigeva la grande politica totalmente da sé; egli non pensava a partecipare ai piani francesi diretti contro la potenza spagnuola in Italia, poiché vedeva chiaramente che l’interesse della Chiesa domandava, incondizionatamente il mantenimento della pace.3 Egli perciò nulla temeva tanto, quanto le complicazioni belliche. Quali speranze, invece, riponessero in esse gli agitatori calvinisti rivoluzionari, lo mostrano le loro affermazioni confidenziali. « La nostra speranza, diceva il Sarpi, è nella guerra, solo da essa può venire la nostra salvezza ». Il prete sacrilego intendeva con ciò non solo la rovina della casa di Asburgo, ma anche la fine del papato, (iià uno dei suoi complici credeva che la Sede romana, « questa grande bestia, fosse prossima in Italia alla sua fine ». Anche il Du Plessis-Mornay si abbandonava alla sicura aspettativa che la guerra imminente porterebbe « la distruzione di quella Babilonia ». « Una scintilla, affermava egli trionfalmente, porrà in fiamme tutta l’Europa ».4 Paolo V, pienamente cosciente della gravità della situazione, faceva all’ambasciatore francese le rimostranze più pressanti contro la guerra, che avrebbe portato per conseguenza un nuovo pe- 1 Crii Spagnuoli, è detto nelle * « Animadversiones circa electionem regis Rom. a. 1619, 26 maii conscriptae » hanno la « giurisdittione ecclesiastica tanto debilitata cbe li vescovi et prelati vengono stimati et rapazzati come lor cappellani ». Cod. X VI 30 pag. 153 della Biblioteca Casanatense i u Roma. 2 Vedi la * relazione di Castro del 4 febbraio 1610, Archivio di Simancas 993, utilizzata dal Gin bel y (Rudolf II voi. II 65). Dev’essere compilazione del Castro la * « Lista de los barones y gentiles hombres Romanos que se muestran aifecionados a el servicio de S. M<* y de otros que se pueden gafiar ». Secondo questa lista ricevevano pensioni dalla Spagna « el condesta-bile de Napoli de casa Colonna, Don Virginio Ursino duque de Brachano, el duque de Sermoneta, el Marques Pereti, el duque de Poli de casa Conti, Maria Frangipani, Phelippe Caetano » e « Juan Pedro Cafarelo ». Archivio dell’ambasciata di Spagna in Roma III 9. 3 Philifpson, assai poco favorevole a Paolo V, giudica tuttavia (Heinrich iy yoI. Ili 479 s.). « Non vi è mai traccia di un’adesione papale alle ambiziose idee antispagnuole, anche se soltanto passeggere, del card. Borghese ». 4 Vedi Janssen -Pastor V 635.