432 Paolo V. 1605-1621. Capitolo IX. le conversazioni dei due Gesuiti.1 Per verità il Garnet e l’Oldcorne avevano avuto già abbastanza agio in Hindlip di spiegarsi sulle loro relazioni colla congiura; ma tuttavia vennero fuori alcune dichiarazioni, che potevano servire d’indizi negli interrogatori. Un appiglio per render sospetto nella pubblica opinione, nonostante la deficienza di prove, il Garnet come un ribaldo matricolato e le sue dichiarazioni come totalmente incredibili, fu offerto da una dissertazione di morale rinvenuta nella casa del congiurato Tresham. Essa trattava della cosidetta « Equivocazione », era corretta in vari luoghi di mano del Garnet e poteva passare comò espressione delle sue opinioni. Non è possibile quindi omettere qui qualche spiegazione su questa « Equivocazione »,2 la quale ebbe allora la sua parte non soltanto nel processo del Garnet. Secondo che si narra, S. Atanasio allorché, nella sua fuga a ritroso della corrente del Nilo, vide avvicinarsi gli sbirri imperiali, fece voltare a tempo la sua barca e rispose agli inseguitori che doman -davano di Atanasio: Non è lontano di qui. Tutti saranno disposti ad ammettere che una tale risposta non è punto una bugia, e sopratutto non è per nulla biasimevole. Ma con questo viene anche ammesso, che un’affermazione non diviene una bugia solo per il fatto che essa conduce un altro in errore e che l’inganno di questo è previsto o non impedito da chi parla. L’elemento moralmente vietato della bugia si può pertanto cercare solo in questo, che chi parla pensi in un modo e parli in un altro, e tuttavia voglia far passare la sua parola come espressione del suo pensiero; ora, un simile contrasto fra discorso e pensiero non c’è nella risposta del Santo, poiché le sue parole esprimono veramente ciò ch’egli pensava dentro di sé, quantunque oltre questo senso esse ne abbiano ancora un altro, che i birri presero come l’unico. Allo stesso modo dovranno esser considerate in generale come lecite simili « equi- 1 Riproduzione dei loro appunti in Foley IV 148-153. La relazione 25 marzo 1606 dell’Oldcorne su questi colloqui, ivi 228-232. Sulla base di una di queste conversazioni (ivi 149) il Ranke (Engl. Gesch. I 537) sostiene, che già sotto Elisabetta ci sia stato il piano di far saltare in aria il Parlamento, e che il Garnet lo abbia dichiarato lecito. Ma proprio in questo punto gli spioni osservano di non aver compreso chiaramente (« his words we conceived tended to this purpose»); non è possibile pertanto fare uso della testimonianza. Neppure lo stesso Oldcorne comprendeva sempre tutto chiaramente (Foley IV 228). Il Garnet nega il 10 marzo 1605 (Engl. Hist. Review III f 18881 517), che esistesse già sotto Elisabetta un simile piano. Già il 3 marzo egli scrive ad Anna Vaux (Foley IY 108): « M. Catesby did me much wrong, and hath confessed that he tould them that he said he asked me a question in Q. Elis, time of the powder action, and that I said it was lawful. All which is most untrue ». Secondo confessioni del Fawkes si sarebbe introdotto un sacco di polvere sotto il Ietto di Elisabetta e si sarebbe voluto incendiarlo durante la notte (!). Gerard in The Month LXXXVIII (1896) 406. 2 Cfr. per es. Cathrein, Moralphilosopine II3, Friburgo 1899, 86-88.