344 Paolo V. 1605-1621. Capitolo Vili. Frattanto i tre Stati del regno si erano riuniti a Parigi alla fine dell’ottobre 1614. La Chiesa vi si trovò splendidamente rappresentata; il clero francese si pronunciò unito e compatto per l’accettazione dei decreti tridentini. La cosa fu tanto più importante, in quanto il Terzo Stato, che abbracciava la borghesia ricca e i funzionari, indulgeva nella sua maggioranza alle tendenze scismatiche del parlamento parigino e metteva avanti questioni la cui discussione non poteva che riuscire dannosa.1 Ciò fu mostrato chiaramente dalla proposta accettata alla quasi unanimità dalla deputazione parigina, di stabilire come legge fondamentale dello Stato, a imitazione dell’Inghilterra scismatica, che il re aveva la sua corona solo da Dio e che a nessun potere temporale o spirituale spettava per qualsiasi causa di deporlo e di sciogliere i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. Tutti gli Stati, e in futuro anche tutti i funzionari e gli ecclesiastici, avrebbero dovuto giurare incondizionatamente questa dottrina come legge sacra e inviolabile, rispondente alla parola divina. Chi sostenesse una dottrina contraria, particolarmente quella che si possa uccidere e deporre il re, doveva esser punito come reo di alto tradimento e di lesa maestà. lina clausola particolare stabiliva ancora che gli Ordini religiosi esistenti in Francia dovevano combattere senza riguardo e senza ambiguità qualsiasi dottrina contraria direttamente o indirettamente a questa legge, da chiunque quella provenisse; altrimenti avrebbero dovuto venir puniti quali favoreggiatori dei nemici dello Stato.2 Il consigliere del parlamento parigino Claudio Le Prêtre aveva redatto questa proposta del Terzo Stato, lo scopo della quale doveva esser celato dalla premura per la persona e i diritti del re. Per chi aveva l’occhio più acuto non poteva esser dubbio di che si trattasse: sanzionare gli sforzi scismatici perseguiti da anni dal parlamento parigino, e proscrivere tutti coloro che difendevano i diritti della Santa Sede, Gesuiti o no, questo era lo scopo.3 Lo mise in luce chiaramente il cardinal Du Perron, quando il 2 gennaio 1615 egli comparve con molti vescovi e sessanta rappresentanti della nobiltà nell’assemblea del Terzo Stato. Il suo splendido discorso, dell’Aquaviva (efr. sopra p. 334), ma che ciò non costituisce per lui veruna colpa, perche quest’ordinanza non era stata pubblicata nella sua provincia. L’Aquaviva rinnovò il 1" agosto 1614 la sua proibizione, deplorando ch’essa non fosse stata efficace dappertutto. La lettera scritta su questo affare il 30 luglio 1614 dal cardinale Borghese «in nome di Nostro Signore» a Maria dei Medici è pubblicata in Laemmer, Zur Kirchengesch. 88 s. Cfr. anche Laemmer, Melet. 328 s. 1 Vedi Martin, Gallicanisme 365 s. 2 Vedi Plorimond Rapine, Becueil... de tout ce qui s’est fait et passe... en VAssemblée gén. des États tenue à Paris en l'année 1614, Parigi 1651, 205 s. Cfr. Puyol I c. 9 e Martin loc. cit,. 368 ss. 3 Vedi Prat III 624. Cfr. De Meaux, Ré forme II 127.