Scena III. Jl Giornalista e un Virtuoso. Vir. Se non ¡sbaglio ella è l’estensore ... Gio. A’comandi suoi. Vir. Favorirmi. Io sono suo umilissimo servidore, il basso dell’opera. Gio. (trase). Diavolo ! diavolo ! (Copre avveduta-mente col fazzoletto le ultime linee del foglio). Vit. Scusi, fu ella ancora a teatro? Gio. Ci fui certamente: la Gazzetta fa parte di una prima rappresentazione: la Gazzetta è per tutto. Vir. Me lo immaginava, e appunto per questo mi presi la libertà di venire a informarla di cosa dell’ultima importanza. Ella sappia a-dunque ch’io posso dirmi assassinato dall’impresario. Quell’ uomo avaro e crudele, e son tutti così, ha voluto che andassi in iscena con una pruova soltanto. Era venuto tardi alla piazza, era stanco dal viaggio, con la febbre indosso. Nulladimeno posso ancora chiamarmi fortunato, poiché se la mia riuscita non pub dirsi un incontro, la non è stata nemmeno un fiasco nella estensione della parola. Gio. (tra sì) Oh ¡1 bell’imbroglio! Vir. Che cosa le ne pare?