Fertilità dello Stato pontificio. 59 prodotti speciali, cosi Faenza e Lago per il lino, Cento e Perugia per ia canapa, Bologna e Forlì per il guado, Sant’Arcangelo, Norcia e Terni per rape di grossezza straordinaria, San Lorenzo per la sua manna, la famosa pineta di Ravenna per i pinocchi. La vite prosperava eccellentemente in tutta la Romagna, nelle Marche, in Umbria, nel Patrimonio, nella Sabina e nel Lazio. Accanto al moscatello di Montefiascone di rinomanza mondiale, erano anche assai pregiati i vini di Orvieto, Todi, Albano, Cesena, Faenza e Rimini. Così in pianura come in collina erano numerosi gli oli veti e i boschi di castagni. Molte foreste serbavano pure una grande ricchezza di legname.1 Il regno animale nello Stato pontificio non era meno favorito di quello vegetale. Nei terreni disabitati della Campagna Romana, delle Paludi pontine e delle Maremme pascolavano grosse mandre di bovini, pecore, porci, capre e cavalli, in piena libertà e allo stato semiselvaggio. Fuori della Campagna romana splendidi bovi forniva specialmente la Romagna; i cavalli dell’Agro Romano non erano di molto inferiori ai napoletani. Fra i porci, abbondanti dapertutto, erano considerati i migliori quelli dei territori montuosi. Anche di selvaggina non si aveva penuria. Specialmente le Paludi Pontine albergavano molti cinghiali. Eccellenti terreni di caccia avevansi nel Lazio presso Sermoneta, Terracina e Nettuno. Vicino al mare erano straordinariamente ricche di pesce le lagune di Comacchio; le anguille di là passavano per le migliori di tutta Italia. Il regno minerale dava marmi splendidi, il peperino e il famoso travertino. L’eccellente allume del territorio di Tolfa presso Cerveteri era monopolio dello Stato, e così le rinomate saline di Comacchio. Delle numerose sorgenti minerali erano particolarmente apprezzati i bagni sulfurei di Porretta nella Legazione di Bologna e quelli di Viterbo, ove Nicolò V aveva istituito uno stabilimento di bagni. Erano anche assai frequentate la sorgente sulfureo-termale di Vicarello, presso il lago di Bracciano, utilizzata già dagli antichi Romani, e le acque medicinali di Anticoli, pittoresca cittadina di montagna presso Subiaco.2 Nonostante tutti questi vantaggi naturali, il commercio e l’industria nello Stato Pontifìcio, qualora si prescinda da Roma,3 1 Vedi Botero VI 31. 2 Vedi [ibid. 3 Gottlob, nella sua succosa recensione di Rodocanachi, Les corporations ouvrières à Home (2 voli., Parigi 1894) nell’ Hist. Jahrb. XVI 127, definisce brillante lo stato della vita industriale in Roma. « Parallelamente al crescere del lusso e l’aumento del benessere cittadino si nota una divisione di lavoro sempre maggiore, e in conseguenza di essa una accresciuta specializzazione delle associazioni operaie mediante la scissione delle antiche corporazioni e il sorgere di nuove. Al tempo di Gregorio XV (1621—1623), cioè immediatamente dopo Paolo V, si contavano in Roma 5578 negozi con 6609 padroni