Resistenza del Senato consigliata dal Sarpi. 101 Dopo la nomina del Sarpi, invece, il Senato sostiene il punto di vista di avere immediatamente da Dio l’autorità su tutti i sudditi.1 Sarpi aveva consigliato questa posizione fin dal principio. Alla domanda come avrebbe, dovuto la Repubblica difendersi contro la scomunica papale, egli rispondeva già nel parere, che gli procacciò la sua nomina a teologo di Stato, colla sentenza, esser preferibile, anziché appellare dal papa ad un concilio generale, di considerare la scomunica come nulla e non avvenuta e vietarne la pubblicazione.2 La Repubblica si comportò secondo questo consiglio. Appena il 17 aprile 1606 un corriere ebbe portata la notizia che il papa era deciso ad agire, venne immediatamente proibita a tutti gli Ordini la pubblicazione della scomunica « sotto pena di morte ».3 Nello stesso giorno il Doge in Senato espose all’inviato spaglinolo l’affare, come se il papa non mirasse ad altro che alla sovranità illimitata sui principi anche nelle cose temporali.4 Dopoché il 20 fu giunta la notizia che la scomunica era stata effettivamente pronunciata, seguirono misure ulteriori. Si cercò di rendersi favorevoli i principi attraverso gl’inviati stranieri in Venezia e attraverso i rappresentanti della repubblica alle corti estere.5 Per mezzo del vicario del patriarca si comandò ai parroci di consegnare senza aprirle tutte le lettere venute da Roma e di non lasciar affìggere nulla alle chiese.6 Furono arrolate truppe, e il Senato scomunicato non tralasciò di mostrare a tutti la sua telici » (cosi il Senato all’inviato alla corte imperiale in Praga, il 20 dicembre 1605, presso Cornet 16). Il discorso di Donato a Mattei in data 10 febbraio 1606 (1605 secondo il computo veneziano) è pure ivi 270. Ristampa dei presunti privilegi di Sisto IV, Innocenzo VIII. Alessandro VI, Paolo III presso Micomaco Fllaliteo 20. 1 «Questa libertà, beatissimo padre, l’abbiamo ricevuta dalla clemenza Divina che l’ha concessa alli nostri maggiori. . . » (il Senato a Paolo V in data 11 marzo 1606, Cor.net 37). I passi del papa, pertanto, son di natura «di sovvertir li giusti ordini nostri et. impedir quel Dominio eh’ è dato a noi, e ■* tutti li prencipi dal Signor Iddio solo, nel governo delli proprii Stati» (Risposta del Senato all’inviato di Savoia in data 18 marzo 1606, ivi 38). - Bianchi—Gio vini 144 ; Capasso Append. xvm s.; Grisjsuni 36 ss. 3 * Palmegiani ad Aldobrandini il 22 aprile 1606, Nunziat. di Venezia 17 P- 239, Archivio segreto pontificio. 4 Presso Cornei 57. * « Intendiamo che si sia sparsa una voce costi che ■ pretenda di riformare la República, non solo nello spirituale, ma nel temporale e che di più pensi a turbare la pace d’Italia, e la passi di concerto ’011 (lualche altro principe grande. Non crediamo che nissuna cosa fosse mai 1 " ulgata e detto più malignamente di questa ». Nello stesso Breve « si protesta che S. S. non intende di toccar la giurisditione temporale, e vuole la pace publica ». Borghese a Mattei in data 7 gennaio 1606, Borghese I 908, f. 82 (86) -re bivio segreto pontificio. 5 Cornet 59 ss. r j ' s. Cfr. i decreti del Consiglio dei Dieci del 18 aprile 1606 nel- ‘ Archivio Veneto V (1873) 55-60 e il decreto del Senato del 17 aprile presso -apasso Append. xxxvi s.