518 Paolo V. 1605-1621. Capitolo XI. Queste rimostranze non rimasero senza effetto. Mattia dapprincipio oppose resistenza alle richieste dei ribelli, ma all’ultimo il magnate ungherese Stefano Illéshàzy gli fece cambiare idea. Così, dopo cinque mesi di trattative, si concluse il 23 giugno 1606 con gli Ungheresi la molto importante pace di Vienna. Questa sopprimeva espressamente l’articolo aggiuntivo roclolfino del 1604, riguardante il rinnovamento dei decreti emessi dai re anteriori a favore della Chiesa, e concedeva, senza nominare il calvinismo, libero esercizio della loro religione agli Stati ungheresi, cioè ai magnati, ai nobili, alle città libere, ed ai borghi appartenenti immediatamente al re; però anche la chiesa cattolico-romana non doveva subire alcun pregiudizio ed il suo clero non esser toccato.1 Mentre pendevano ancora le trattative, il nunzio di Praga Perreri aveva raccomandato insistentemente all’imperatore di eccettuare nella ratifica del trattato, per salvezza della sua coscienza, quanto fosse contro la religione.2 Il Ferreri all’ultimo si spinse fino a minacciare la rottura delle relazioni diplomatiche, ove accadesse il contrario. Però questa asprezza di contegno, la quale doveva necessariamente condurre alle più grandi complicazioni, non fu approvata dalla Santa Sede.3 Quando Rodolfo II, dopo lunga esitazione, si decise il 6 agosto 1606 alla ratifica del trattato di Vienna, egli scelse il ripiego di dichiarare, in un documento mantenuto strettamente segreto, ch’egli l’aveva fatto unicamente perchè costretto dalla necessità e senza intendersi legato dagli articoli contrari al suo giuramento come re cattolico.4 Ma, anche così, il trattato di Vienna rimase un grave colpo per la Chiesa, giacché ora non c’era più da pensare a un progresso della restaurazione cattolica in Ungheria.5 L’imperatore aveva intrapreso ad attenuare la pace di Vienna evidentemente per riguardo al papa, il quale, nonostante le sue strettezze finanziarie, si decise nel 1606 a dare ancora una volta non meno di 130.000 scudi per la guerra turca.6 Ma anche questo sacrificio fu compiuto inutilmente. Alla pace di Vienna seguì ‘Vedi Katoma XXVIII 545 s. Cfr. Stieve V 804 n. 3. e Géza Lencz, Der Aufstand Boskays und der Wiener Friede (in ungherese), Debreczen 1917, la cui esposizione tuttavia suscita obbiezioni molteplici (vedi Wiener Zeitschr. f. Gesch. I 624),.perchè, come rileva ottimamente lo ISteinacker (Hist. Zeitschr. CXXVII 166 s.), essa è unilaterale. 2 Vedi Meter 691. 3 Vedi ivi 692, 711. 4 Vedi Schmidt, Gesch. der Deutschen Vili 159. La favola imbandita dallo Huber (Der Jesuitenorden 137) del consiglio dato da un Gesuita in questo aliare è respinta anche dallo Stieve (V 808 n. 2). 5 Vedi Meter lvii 787. 6 Vedi ivi liv.