346 Paolo V. 1605-1621. Capitolo Vili. sione di esso, si renderà necessario pronunciare la scomunica su questa corporazione.1 Per togliere agli avversari ogni pretesto, quasi che il clero o i Gesuiti approvassero attentati contro il re, la rappresentanza del clero rinnovò il decreto del concilio di Costanza contro il domenicano Petit; ma essa persistette sulla cassazione del decreto parlamentare. Il governo cercò di appianare la lite proibendone la continuazione e riservando a sè stesso il decidere. Ciò poteva tanto meno soddisfare il clero, in quanto il decreto in questione già veniva diffuso in istampa, come se fosse valido. Con il suo fermo contegno, - esso minacciò di sospendere le sue deliberazioni -il clero, sostenuto dalla più gran parte della nobiltà, ottenne alfine dalla Corona che lo stampatore del decreto parlamentare fosse punito, il decreto stesso ritirato e la proposta del Terzo Stato cancellata dal « cahier ».2 Con ciò era ottenuta una vittoria importantissima, per la quale il pontefice, ch’era stato gravissimamente preoccupato, espresse i suoi ringraziamenti a quanti vi avevano contribuito, esortandoli ad esser fermi anche in futuro.3 Non riuscirono invece fortunati gli sforzi del clero francese in un affare a cui Paolo V dava la più grande importanza:4 la pubblicazione solenne dei decreti di riforma del concilio Tridentino. Una opposizione contro di essa pareva questa volta tanto meno al posto, in quanto nella petizione al re si osservava espressamente che Patto avrebbe dovuto compiersi dopo il riconoscimento da parte del papa che da esso non doveva derivare nessun pregiudizio alla Corona, alla pace dello Stato, alle libertà della Chiesa gallicana ed ai privilegi delle chiese cattedrali e collegiate.5 Ubaldini, instancabile come sempre, spese anche in questa occasione tutte le sue forze. Egli spinse il Gesuita Coton a redigere una confutazione, dedicata ai Tre Stati, delle diverse obbiezioni 1 Vedi Rapine, loc. cit., 356 s. 2 Vedi Prat III 629 s.; Picot, Hist. des États gén. Ili 367 s.; De Meai X, It¿forme II 132 s. 3 Cfr. i Brevi, dat. «prid. Cai. Febr. 1615», ai cardinali e ad altri membri dell’assemblea del clero (vedi Appendice n. 7), al cardinale Joyeuse (« expecta-vimus pacem et ecce turbatio »; egli deve soccorrere), al card, de Sourdis (« tribu-lationes cordis Nostri multiplicatae sunt super numerum »; lo elogia e spera di più), al card. Du Perron (« exacerbatur quotidie animi Nostri molestia ■ ha per lui una grande riconoscenza, per la quale nessuna parola è sufficiente)-al card. La Rocliefoucauld (lo elogia), al card. Bonsi (« novis semper atque gravioribus afflictionibus afficimur »), « Nobilibus viris ordinis nobilium regni Franciae in conciliis generai, congreg. » (li elogia). li pisi. X 262-268, A r -cbivio segreto pontificio. 1 Cfr. neR'Appendice n. 6 il * Breve a Luigi XIII del 22 gennaio 1615, Archivio segreto pontificio. Vedi anche Martin, Gallica-nisme 371. 5 Vedi Piiilippson nella Ilist. Zeitschr. XXXI 114s.