L’assoluzione. 131 anche la destinazione immediata di un inviato a Roma.1 Per il caso che non si arrivasse all’accordo, il papa era risoluto ad inasprire le censure.2 Di fatto, a Venezia sorsero immediatamente nuove difficoltà. Joyeuse era arrivato colà il lunedì santo, e pensava che prima di Pasqua tutto avrebbe potuto essere sistemato. Ma in questa previsione il cardinale aveva dimenticato che, accanto al doge, al Senato e al Consiglio dei Dieci, v’erà in Venezia un’altra potenza, cioè il Sarpi, per il cui odio contro Roma il compromesso giungeva assai sgradito. Dietro suo consiglio il Senato non volle saper nulla di una assoluzione pubblica, di una pubblica ritrattazione dell’antecedente protesta contro le censure. Si svolsero così ancora lunghe trattative, nelle quali fu raggiunto un accordo solo a gran fatica. Fu stabilito per la riconciliazione il giorno 21 aprile, sabato dopo Pasqua.3 Castro fu informato antecedentemente dal Senato delle pattuite condizioni.4 Nessuno potrà sostenere che nella condotta del Senato in occasione della concilizione appaia un tratto qualsiasi di aristocraticità e di grandezza; esso cercò di sminuire e svalutare con artifici meschini ciò cui alla fin fine aveva pur dovuto consentire. Al mattino presto i due prigioni furono innanzi tutto consegnati, nella dimora del cardinale, all’inviato francese; questo veniva fatto, si aggiunse, per riguardo al re di Francia e senza pregiudizio della giurisdizione della repubblica sugli ecclesiastici. Si andò quindi dal cardinale, a cui il Du Fresne trasmise i carcerati, nè qui fu fatta parola della giurisdizione della repubblica.5 Dopo ciò Joyeuse si recò nell’aula del Collegio e qui impartì al doge e al Senato, che era rappresentato da 16 dei suoi membri, l’assoluzione dalle censure. La repubblica aveva in tal modo acconsentito 1 Nürnberger, Interdikt 498 s. Breve per l’assoluzione, del 4 aprile 1607, nel Bull. XII 388. Gli Spagnuoli in Roma «hanno fatto grandissimo rumore », quando il disbrigo della faccenda fu posto nelle mani di Joyeuse (* Borghese a Barberini, il 4 aprile 1607, Barb. 5913, p. 13. Biblioteca Vaticana). Cfr. anche Rinieri, Clemente Vili e Sinan Bassà Cicala, Roma 1898, 209 s. 2 Borghese a Barberini, presso Nürnberger, Dokumente II 265. 3 Nürnberger, Interdikt 500 s. 4 Cornet 251 s. 5 II notaio veneziano circa la consegna dei prigionieri, presso Cornet 305 s., cfr. 253; Joyeuse sullo stesso argomento, presso Nürnberger, Dokumente II 76 s. Joyeuse potè scrivere a Roma, che i prigionieri gli erano stati consegnati « libere nullaque interposta neque in verbo neque in scriptis protestatone, condi tione vel reservatio ne de facto » (Nürnberger ivi 77). Il Senato però, alla sua volta, poteva sostenere il contrario, e Joyeuse gli aveva reso possibile di farlo (vedi Cornet 246); il 18 aprile « restava [S. Signoria] contenta » riguardo ai prigionieri, quantunque egli conoscesse benissimo le condizioni del Senato (ivi 236, 237, 239, 241, 243).