158 Paolo V. 1605-1621. Capitolo IV. Fino agli ultimi tempi si è creduto 1 ch’egli dovesse avere avuto a disposizione per certi punti fonti manoscritte oggi perdute. Le ricerche più recenti hanno mostrato, invece, che queste notizie non documentabili altronde riposano su falsificazioni.2 nessun protestante avrebbe potuto far di più sotto tale rispetto. Nelle azioni dei papi egli trova sempre motivi interessati, ed espone le loro misure nel senso più svantaggioso. Egli simpatizza qui apertamente con i loro nemici, i protestanti ». Anche P.Tschackert dice della storia del Sarpi, ch’egli vi « sfoga il suo odio contro il suo nemico mortale [il Papato] » (Herzog-Hauck Bealen cyklopàdie XVII 488). 1 Così ancora il Merkle in Cono. Trid., I 487, n. 3. a Così egli fin dalla prima Congregazione dei teologi del Concilio al 20 febbraio 1546 fa comparire quattro oratori: Lunello, Marinario, il presidente del Concilio card. Pole e Luigi di Catania. Di questi, il Catania allora non era neppure al Concilio; gli altri tre discorsi sono costruiti con discorsi della congregazione dei vescovi del 18 e 26 febbraio. Si accorda colla tendenza del Sarpi il fatto di presentare i vescovi come ignoranti, cosicché egli attribuisca i loro esposti ai teologi (Ehses nell’//¿sì. Jahrbuch XXVI [1905] 299-313). Una lista di eresie circa il peccato originale, ch’era stata preparata per il Concilio, ma per mancanza di tempo non fu utilizzata nè dai teologi nè dai vescovi, diviene in lui il punto centrale di discussioni del tutto inventate, nella cui esposizione egli si vale della sua scienza biblica e patristica. In queste discussioni egli fa comparire anche il celebre domenicano D. Soto, che aveva lasciato poco prima Trento (Ehses ivi XXVII [1906] 69-73). Sul presunto diario del Chieregati vedi ivi 67-69. In una relazione del Visconti arrivato appena allora a Trento il Sarpi trovò l’osservazione erronea, che il Foscarari esercitasse un ufficio censorio su discorsi pubblici al concilio. In occasione della prima Congregazione generale sotto Pio IV il 15 gennaio 1562 il Sarpi racconta come in questa fosse affidato formalmente al Foscarari tale ufficio e così venisse limitata la libertà di parola (Ehses nel JahresbericM der Gorres-Gesellschaft per il 1919, 40-45). Il salvacondotto dato ai protestanti dal Concilio nel 1562 viene dal Sarpi stravolto grossolanamente, e perciò egli accusa il Concilio di aver mancato di parola (ivi 45-51). Nelle discussioni sull’obbligo della residenza egli pone in bocca a Paolo Giovio giuniore un discorso contro tale obbligo, colla punta antipapale, che i papi avevano ben risieduto sempre a Roma senza che la citta fosse migliore di altre. Il discorso non fu mai tenuto ed è formato con un voto del tutto dignitoso di T. Stella (ivi 51-58). Al vescovo Draskowich il Sarpi attribuisce falsamente una difesa dei vescovi di corte, sebbene il suo voto dica precisamente il contrario; il teologo di Stato Sarpi doveva vedere in una simile difesa la sua propria. Perchè poi il Draskowich abbia l’occasione per simili dissertazioni, egli fa difendere dall’oratore precedente, il vescovo di Aiaccio, l’andarivieni di vescovi alle corti (ivi 58-63). Essendo venuta in discussione la questione delle ordinazioni col «Titolo» di proprietà privata e avendo richiesto il Concilio per condizione l’inalienabilità del titolo, il teologo di Stato ci vide una usurpazione dei diritti del potere civile. Pertanto immaginò un discorso contrario, che fece tenere da Gabriele Le Veneur, vescovo di Viviers. In realtà il Le Veneur era vescovo di Evreux. Per lo stesso motivo il Sarpi deve far intervenire il vescovo di Parigi contro la richiesta, che nella fondazione di nuove parrocchie i parrocchiani siano obbligati a fornire il mantenimento al nuovo parroco. Invece il vescovo di Parigi era favorevole a quella richiesta e nelle discussioni relative non prese affatto la parola. Cfr. ora anche quanto espone I’Ehses sulla credibilità del Sarpi nella Bom. Quartalschr. XXXI (1923) 150 s., ove sono ulteriori esempi di come il Sarpi falsifichi discorsi e li metta in bocca ad assenti.