144 Paolo V. 1605-1621. Capitolo IV. posto dei Gesuiti nella chiesa e nel collegio loro.1 Dopo la riconciliazione sono stati scelti in taluni chiostri nuovi superiori, ma, con la protezione della repubblica, essi non vengono accettati dai religiosi e dai superiori di prima, mostratisi durante l’interdetto devoti alla Signoria. A preti fedeli al loro dovere è impedito il ritorno alle proprie chiese; secondo voci sicure, molti ecclesiastici giacciono ancora nelle prigioni.2 Gl’inviati veneziani, per esempio il Contarmi, in Boma spacciavano che la riconciliazione era avvenuta del tutto a vantaggio della repubblica.3 Nell’anno seguente Borghese ritrovava le stesse lagnanze per il favore mostrato dal governo ai teologi di Stato, per la vendita pubblica di libri eretici, per l’espulsione di preti e religiosi alla più piccola occasione.4 Venezia non si cura più affatto della immunità degli ecclesiastici, per cui era pur scoppiata la lotta con Roma; vengono espulsi dei preti perfino a causa di decisioni prese nel confessionale.5 I religiosi che secondo la loro regola vivono della beneficenza cristiana, riescono a raccogliere così poche elemosine che spesso mancano del necessario, e ciò avviene solo a causa della loro obbedienza verso la S. Sede. Il Senato inoltre difendeva certe misure violente contro i religiosi con presunte concessioni del cardinale di Joyeuse; sotto questo pretesto, ad esempio, era stato impedito al cappuccino Paolo di Cesena di visitare i chiostri del suo Ordine.6 Era esatto, scrive il segretario di Stato, che Joyeuse aveva oltrepassato le sue istruzioni.7 Enrico IV, alle cui orecchie evidentemente erano destinate queste lagnanze e il cui intervento veniva prospettato dall’inviato francese a Roma,8 fece almeno tanto da mandare a Venezia come 1 * Borghese ivi; Joyeuse ad Enrico IV, il 3 maggio 1607, presso Créti-neau-Joly III 138. 2 * Borghese a Barberini, l’il giugno 1607, loc. cit., p. 158 s. Circa i sacerdoti, cui fu vietato il ritorno ai loro posti, v. Cornet nell’Arch. Ven. VI 128 s. 3 * « Ma io tengo che pochi prenoipi e pochi huomini posti nella luce del mondo manchino della vera notitia di quello che è passato in tutto il negotio », osserva in proposito Borghese, loc. cit. 161. 4 * Borghese ad Ubaldini, successore del Barberini, il 4 marzo 1608, Barò. 5914, p. 104 ss., Biblioteca Vaticana. Per contro la repubblica sotto altri riguardi era estremamente arrendevole. In nessuna città eretica, fa osservare il pontefice, si permetterebbe il passaggio dall’eresia al giudaismo, come avviene in Venezia. * Borghese a Gessi, 14 giugno 1608, Nuntiat. div. 186, f. 365 s., 370, Archivio segreto pontificio. 6 Un esempio viene menzionato da Borghese in data 14 ottobre 1608, ivi f. 372. 8 * Borghese a Barberini in data 24 luglio 1607, Barb. 5913, f. 212, B i-blioteca Vaticana. 7 * Borghese a Barberini, il 15 maggio 1607, ivi f. 131, e Nurnberger, Dokumente II 361. 8 * « N. S. ... conosce che nessuna cosa è più necessaria della costanza del re in voler che sia adempita da i Venetiani ogni conditione dell’accordo