Attacchi contro il Galilei in Firenze. 213 per due ore sotto questo aspetto, difendendo uno scolaro del Galilei, il benedettino Castelli,1 le vedute del maestro. Il Galilei, a cui doveva premere molto di non essere in cattiva vista presso la corte, redasse allora una lunga lettera al Castelli, le cui copie trovarono larga diffusione. Egli spiegava che la Sacra Scrittura non poteva errare, ma lo potevano bene i suoi esegeti; questi pertanto avrebbero dovuto adattare le loro spiegazioni ai risultati sicuri della scienza della natura. Era un abuso incominciare dal tirare in campo la Sacra Scrittura in verità puramente naturali, non toccanti che assai indirettamente la fede. Le stesse idee si ritrovano presso Agostino ed altri Padri della Chiesa;2 ma contuttociò non poteva riuscir gradito ai teologi che un laico volesse istruirli sull’esegesi della Sacra Scrittura, tanto più che in Germania la dottrina di Lutero aveva fatto così grandi progressi anche per questo, che era riconosciuto a chiunque il diritto di spiegare la Sacra Scrittura a suo modo. C’era pericolo, che anche in Italia s’introducessero condizioni analoghe; non si poteva quindi lasciar libero il famoso Galilei colle sue discussioni teologiche. Un domenicano di Firenze, Tommaso Caccini, attaccò il Galilei pubblicamente dal pulpito, quando le sue conferenze sul libro di Giosuè lo portarono a parlare del noto passo su la fermata del Sole.3 Questa mancanza di tatto e questa precipitazione fu biasimata anche da amici e confratelli del Caccini; ma anche altri Domenicani fiorentini mirarono perciò ad ottenere da Eoma una proibizione del libro e della dottrina di Copernico.4 Per il Galilei questa piega era assai pericolosa; ma nonostante ogni ammonizione di lasciare in pace l’aspetto teologico della questione e di cercare per il nuovo sistema terrestre 5 prove scientifico-naturali, ‘‘-li compose ancora un’altra dissertazione sul rapporto fra teologia e scienza della natura, in cui riproduceva le sue tesi precedenti.8 •Vello stesso senso si espresse anche un carmelitano, Paolo Antonio I oscarini; nel suo scritto egli insiste sulla possibilità che un giorno 1 ! dottrina copernicana venga dimostrata vera, ed ammonisce a trovare a tempo una spiegazione per le obbiezioni scritturali.7 1 Del 21 dicembre 1613, presso Favaro Y 279-288; Müller, Galilei 89 s. 2Civ. Catt. 1923, IV 128. 3 Müller 91. La favola, cbe il Caccini si sarebbe servito a dileggio del ■alilei del passo degli Atti degli Apostoli I, 11: «Viri Galilei, quid hic statis «spicientes in coelum? ». si trova la prima volta nelle Lettere inedite di uomini "lustri, Firenze 1783, 47 n. 1. Cfr. Wohlwill 517 n. 1. 4 Müller 94. 5 A ciò esortava il successore del defunto Clavio, Grienberger; vedi ibid. 95; Bini 97. 6 Lettere a Mad. Cristina di Lorena, granduchessa di Toscana, presso Fa-varo V 307-348; Müller 100 ss. ’ Riprodotto nelle Opere di G. Galilei, pubblicate da E. Albèri, Firenze ^ 455-494. Cfr. Müller, 98.