128 Paolo V. 1605-1621. Capitolo IV. ervizi che erano da attendersi dalla loro accortezza e bontà.1 Joyeuse, a cui questa risoluzione fu comunicata il giorno seguente, si dichiarò soddisfatto; Castro invece fece la controdichiarazione ch’egli intendeva il decreto nel senso che le leggi non verrebbero applicate durante le ulteriori trattative. Alla domanda contenuta in questa osservazione il doge, per verità, rispose solo evasivamente; ma nella lettera con cui Castro e Cardenas, in quello stesso giorno, chiedevano la revoca delle censure in nome di Venezia, i due parlavano come se vi fosse stata una promessa precisa. Un’altro punto importante nella lettera dei due Spagnuoli è l’assicurazione che i preti e i religiosi fuggiti a causa dell’interdetto sarebbero potuti tornare, però con una eccezione: ai Gesuiti rimarrebbe chiusa in futuro la città delle Lagune.2 La Compagnia di Gesù aveva in Venezia nemici accaniti, e il Sarpi non era il meno pericoloso fra questi. Il decreto che li bandiva era stato concepito preventivamente, in modo che una pacificazione con Roma non potesse riuscir loro di vantaggio, poiché nel decreto di espulsione non era nominato l’interdetto quale causa del bando, ma i loro presunti cattivi sentimenti verso la repubblica.3 Gli scritti polemici del Bellarmino e di altri Gesuiti contro il Sarpi ed i suoi compagni, le loro esortazioni ad osservare l’interdetto non potevano diminuire l’odio contro di loro; nonostante l’interposizione di Enrico IV,4 il doge e il Senato avevano affermato ripetutamente che essi non sarebbero stati ammessi più mai.5 D’altra parte Paolo V riguardava come un punto d’onore di prender partito per loro: e ancora nelle istruzioni al Joyeuse aveva dichiarato di rimaner fermo in questa decisione.® Il paciere francese si trovò così di fronte a una difficoltà, contro la quale la soluzione del conflitto parve per un certo tempo dovesse addirittura naufragare. Quando, tuttavia, la questione dei gesuiti minacciò divenire acuta, le trattative di pace erano già state trasportate da Venezia a Roma. L’imperatore Rodolfo II, infatti, aveva accennato nel marzo del 1607, attraverso il duca di Savoia e il marchese di 1 Cornet 224. 2 Nürnberger 495. 8 II Senato sostenne costantemente, elio il decreto contro di loro (presso Cornet 106 s.) era stato emanato « por gravissime colpe commesse così innanzi come dopo 1 Interdetto » (ivi 224). Paolo V per contro assicura, « clie contro li padri non sarà portata cosa, che giustifichi la loro esclusione » (Nürnberger, Dokumente ,Ì62). Enrico IV desiderava una dichiarazione esattamente documentata delle loro mancanze, ma il Senato si scusò dal farlo (Prat II 494, 496). 1 Crétineau-Joly III 140 ss.; Prat 494, 496; Cornet 220. Cornet 125 n. 1. 130, 133, 198 n. 2, 219 e così via. Joyeuse sulle sue premure per ossi in Crétineau-Joly III 143 ss. 6 Nürnberger, Interdikt 492, 493.