CAPITOLO VI Diffusione del cristianesimo nei paesi di missione. Udo dei lati più interessanti del governo di Paolo V è il suo appoggio all’attività mondiale di quegli uomini che annunciavano il vangelo in Giappone, in Cina, in India, sull’altipiano di Etiopia e nelle bassure del Congo, in Persia sul Tigri e l’Eufrate e nel nuovo inondo. Nessuna persecuzione per quanto sanguinosa era capace ili far abbandonare ad essi per terrore la loro attività apostolica, promuovere la quale il papa considerava come uno dei suoi obblighi più sacri.1 La prova più splendida di ciò venne fornita dagli avvenimenti del Giappone. Della serie di principi che nell’impero insulare d’Oriente lottavano per la supremazia, l’ambizioso non meno che energico Ijejasu, il fondatore della casa dei Tokugava dominante fino al 1868, era quegli che era riuscito ad abbattere i suoi avversari e a farsi conferire dall’imperatore il titolo di Sciogun. Pur trasmettendo nel 1605 questo titolo a suo figlio Hidetada, Ijejasu aveva conservato ogni potere nelle sue mani. Da principio la missione cristiana godette sotto di lui una certa tranquillità, che venne utilizzata il più possibile dai Gesuiti e Francescani, Domenicani e Agostiniani venuti sotto Clemente VIII dalle Filippine. I resoconti annuali dei Gesuiti segnano per il 1606-1607 la conversione di 15.000 adulti. Sede centrale del cristianesimo era Nagasaki, ove esistevano cinque chiese parrocchiali tenute da preti giapponesi. Inoltre, nella città che veniva chiamata la piccola Eoma, avevano loro chiese proprie i Gesuiti, i Francescani, i Domenicani e gli Agostiniani.21 missionari degli Ordini mendicanti si accrebbero quando Paolo Y, su preghiera di Filippo III, ebbe abolita l’il gin gno 1608 la prescrizione emanata per i missionari da Clemente Vili di far viaggio per Lisbona e Goa.3 Ma già si preparava contro 1 Cfr. la lettera del card. Borghese al nunzio spagnuolo in Laehmer, Zur Kirchengesch. 86. 2 Vedi Delplace II 64. 3 Bull. XI 501 s. Cfr. Jann 187 s.