262 Paolo V. 1605-1621. Capitolo VI. (li casta, come Prangui, cioè come il rifiuto dell’umanità. Allo stesso modo veniva giudicato anche il cristianesimo, tanto più che i missionari portoghesi proibivano rigorosamente ai nuovi convertiti l’osservanza delle differenze di casta. Quando Roberto de’ Nobili1 venne a Madura nel 1606, riconobbe chiaramente che da questo stato di cose dipendeva il quasi completo insuccesso dei quattordici anni di sforzi missionari del gesuita portoghese Fernandez. In Madura si aggiungeva inoltre anche la circostanza che i vicini pescatori Paravi, una delle caste più spregiate, aderirono al cristianesimo. L’accorto italiano decise, coll’approvazione dell’arcivescovo di Cranganor, P. Roz, e del suo provinciale Laerzio, di battere una via interamente nuova. Egli si separò dal p. Fernandez per dedicarsi tutto alla conversione delle classi superiori. A quel modo ch’egli cessò ogni rapporto col p. Fernandez, esercitante il suo ministero pastorale presso i Paria, così egli sfuggì anche i Portoghesi, odiati dagli indigeni. Farsi un Indo per gli Indi e comunicare loro l’Evangelo nella lingua e secondo la maniera di rappresentare le cose dei Brahmani, era l’ideale che stava innanzi al de’ Nobili. Per questo egli adottò la foggia di vestire dei Brahmani elevati, si sottopose al genere di vita, appena sopportabile Iter un Europeo, dei penitenti indiani, i cosidetti Saniassi, gente di gran prestigio, e comparve dal Nord come Guru (maestro) e Rajah (principe). In breve tempo egli si rese padrone di tre lingue indigene e inoltre del sanscrito. Egli riuscì a penetrare profondamente nel cerchio d’idee della speculazione indiana. Dopoché il misterioso solitario ebbe richiamata su di sè l’attenzione generale, egli si dette finalmente a dibattere questioni scientifiche con gli elementi colti della casta dei Brahmani. Partendo da verità filosofiche e matematiche, egli passò a poco a poco a quelle religiose, presentò le dottrine cristiane come lo sviluppo ulteriore che la speculazione indiana esigeva, e adattò il più possibile le sue esortazioni ai pregiudizi nazionali. Dei costumi e degli usi indigeni egli rigettò solo quelli incompatibili col cristianesimo, come ad esempio l’idolatria e la poligamia; lasciò invece sussistere molte altre cose, special-mente la differenza di casta, come istituti puramente civili. Permise quindi ai nuovi convertiti anche di portare le insegne e gli ornamenti delle caste superiori, ed egli stesso portò temporaneamente il cordone bramanico. I suoi successi sorprendenti, che contrastavano altamente con quanto si era ottenuto per altra via, mostrarono quanto fosse giusto il metodo adottato dal de’ Nobili. La nuova comunità cristiana di Madura resistette a parecchie tempeste suscitate dall’invidia dei preti idolatri; e già il de’ Nobili era in condizione di pensare alla 1 Recenti ricerche hanno stabilito, che il Nobili non era parente di Bel larmino: vedi Civ. Catt. del 4 ottobre 1924, pag. 67.