448 Paolo V. 1605-1621. Capitolo IX. era sottomesso alle decisioni papali.1 Egli si vantava di aver dalla parte sua la Sorbona; infatti, parecchi dottori parigini sostennero sottomano la liceità del giuramento di fedeltà.2 Fra i preti inglesi vi furono ancora taluni, anche dopo la promulgazione dei Brevi papali, che si pronunciarono nel senso del Blackwell. Special-mente il superiore dei Benedettini inglesi, Preston, mutò la sua opinione primitiva della illiceità del giuramento; sotto la sua influenza e la sua direzione, Ruggero Widdrington cercò di giustificare il detto giuramento in parecchi scritti, ma finì per sottomettersi alla condanna di essi.3 Anche Guglielmo Barclay cercò di difendere il giuramento. Nonostante l’arrendevolezza del Blackwell, però, Giacomo I si sentì estremamente inquieto a cagione dei Brevi di Paolo V. Egli temeva ancora sempre della scomunica e di ogni intervento papale. Come pare, egli aveva voluto servirsi delle sue precedenti relazioni colla Curia per tener lontana una manifestazione papale circa il giuramento di fedeltà. Per l’intermediario dell’inviato belga venne quindi fatto sapere a Roma, che Giacomo era pronto a riconoscere il pontefice quale il primo sovrano d’Europa, se Paolo Y dichiarasse non potere in nessun caso, neppure sotto pretesto di religione, esser consentito a sudditi di sottrarsi alla, obbedienza verso il loro sovrano o di portar la mano su di lui. Ma a Roma non si fecero ingannare; i cattolici, fu la breve riposta di Paolo V, non riceverebbero dalla Santa Sede nessuna istruzione di portar la mano sul re.4 Non era dunque riuscito d’impedire una manifestazione papale sul giuramento di fedeltà mediante le arti di una trattativa segreta. Tuttavia non molto tempo dopo la pubblicazione del secondo Breve il governo inglese si vide indotto a cercar di nuovo una conciliazione con Roma e con ciò a rinnegare presso a poco i presupposti del giuramento di fedeltà. Il conte (Earl) di Tyrone in Irlanda era venuto in sospetto di relazioni segrete colla Spagna; e il tentativo di attirarlo in Inghilterra nelle mani del governo 1 Servière 30 ss. 2 Ubaldini in data 24 giugno 1608, ivi 33 n. 3 Laemmer, Melet. 318 n.; Foley VII 2, 1061; Cauchie-Maere 171» 238. Che Widdrington non è un semplice pseudonimo inventato, fu dimostrato dal Taunton nella Engl, Mist. Review XVIII (1903) 119. 4 «SS.1,1,18 censuit nihil faciendum catholicis non mandabitur ab hac S. Sede inferre manus in regem. Fuit etiam dictum, modernum regem An-gliae maxime timere, ne in ipsum proferatur excommunicatio » (decreto del* l’inquisizione del 20 aprile 1606, pubblicato secondo un manoscritto della Biblioteca Corsini di Roma negli Anal, iuris pontif. Serie 26, Roma-Pangi 1886 s., 678). Un anno più tardi, tuttavia, Giacomo scrive: « quanquam autem inter me et R. Pontiftcem, alterius videlicet religionis caput, religio ipsa lite* rarum et internuntiorum oinne sustulerit commercium» (Triplici nodo triplex cuneus, in Opera 113).