CAPITOLO I. I conclavi della primavera 1605. - Leone XI e l’aolo V. 1. « I cardinali francesi non avrebbero potuto comparire più a proposito », riferiva l’ambasciatore di Enrico IV, Béthune, esultante di gioia al suo re, allorché il 4 marzo 1605 si presentò la necessità di un conclave.1 Le istruzioni, consegnate dal sovrano di Francia per questa eventualità cinque mesi prima al Cardinal Joyeuse nel suo ritorno a Roma, vennero ora aperte. Esse erano formulate colla solita chiarezza e precisione. I cardinali francesi Joyeuse, Givry, Sourdis, Olivier e Du Perron venivano avvertiti di tenersi uniti e di ricordarsi sempre dei propri doveri da buoni sacerdoti e buoni francesi. Enrico IV faceva rilevare esser necessario che non venga eletto alcun papa di sentimenti appassionati e parziali, cioè partigiano degli Spagnuoli. Da questo punto di vista il re designa come inaccettabili per lui i cardinali Galli, Montel-paro, Bianchetti e Bernerio. I menzionati, se anche tenuti lungi dal pontificato, non andavano esclusi formalmente, poiché il re non voleva inimicarsi alcuno. Poco simpatici al sovrano francese erano anche Zacchia e l’altrettanto indipendente quanto abile Blandrata. Di fronte ad altri, come a Camillo Borghese, il quale osservava un modesto ritegno, Enrico IV si manteneva indifferente: essi non erano nè da favorire, nè da combattere. Tra i cardinali che Enrico IV avrebbe voluto vedere innalzati alla Sede di Pietro, stavano in prima linea Alessandro Medici a lui congiunto ed amico, ed il celebre storico della Chiesa, Cesare Baronio, ambedue i quali si erano dimostrati amici fedeli della Francia.2 In una ulteriore istruzione del 7 marzo 1605 a Joyeuse viene presa anzitutto in considerazione la desiderata adesione del car- 1 Vedi Couzard, Ambassade 347. 2 Istruzione del 28 ottobre 1604, Lettres missives VI 315 s.